lunedì 8 giugno 2009

Analisi del voto a botta calda.


I risultati di questa consultazione europea non sono stati così scontati come sembra. Le forze del centro sinistra rappresentate in parlamento(PD+IDV+Radicali) sostanzialmente tengono, passando dal 37,6 delle politiche del 2008 al 36,5, sebbene la distribuzione all’interno di queste forze risulti essere profondamente mutata. La sinistra radicale + i socialisti, passano dal 4,1 al 6,7% pur non riuscendo a superare la soglia di sbarramento per via della divisione in due liste. Complessivamente la somma algebrica di tutte le forze della vecchia unione non solo tengono ma incrementano la loro percentuale (dal 41,7 al 43,2%).
L’Unione di Centro pur mantenendo sostanzialmente i voti guadagnati alla politiche, aumenta il proprio peso specifico percentuale, per via dell’astensionismo (passa dal 5,6 al 6,5%).
Per quanto riguarda il centro destra esso complessivamente arretra sia percentualmente (dal 46,8 al 45,5%) che in voti assoluti (dai 17 ai 14 milioni) e ciò è dipeso esclusivamente da una emorragia del PDL.Riguardo le singole forze politiche, si è detto che i due vincitori indiscussi siano stati la lega e IDV. In reltà il discorso è valido soltanto per il partito di Di Pietro, in quanto la Lega mantiene i voti del 2008 ed anche in questo caso, l’aumento del peso percentuale è determinato dal maggiore astensionismo. Per UDC e Lega, quindi, si può affermare che esse non siano state intaccate dal significativo astensionismo registrato in queste consultazioni. Italia dei valori, invece, vede incrementare la propria dote elettorale di 800.000 voti e raddoppia il proprio peso percentuale. Di Pietro, in realtà può essere considerato, il solo vero vincitore di questa tornata elettorale.
Interessante risulta (almeno da un punto di vista numerico) il risultato raggiunto complessivamente da Sinistra e Libertà, Comunisti e Radicali che nel complesso prendono il 9%.
Per quanto riguarda il PD, esso perde 4 milioni di voti. Ma in realtà, considerando i voti dei radicali supera di poco l’emorragia del PDL. Con una grande differenza: un milione e seicentomila voti rimangono all’interno del centro sinistra (Di Pietro e Sinistra radicale). Inoltre i voti persi da PD+IDV+Radicali risultano essere pari a 2 milioni, contro i 3 milioni di voti persi da PDL+lega.
Il dato del PD, non è da considerare una disfatta elettorale in quanto i sondaggi erano stati molto più severi della realtà elettorale. Bisogna non sottovalutare la capacità di recupero che ha avuto questo partito sebbene parte del proprio elettorato abbia preferito Di Pietro (considerato più incisivo nell’opposizione a Berlusconi) ed il voto utile dato a radicali e liste della sinistra finalizzato al superamento della soglia di sbarramento).
Pesante, invece, risulta la situazione del PDL in quanto era quotato attorno al 40% e l’obiettivo sbandierato da Berlusconi era il 45%. Un voto che non può che essere letto come una sconfitta personale del Capo del Governo. Come scrivevo qualche tempo fa, l’imperatore (finalmente) è nudo. Il suo splendore inizia ad offuscarsi sebbene la maggior parte dell’informazione sia ad esso asservita.
Su questo bisognerebbe fare una valutazione a se stante, ma di sicuro in questa sede deve essere sottolineato un fatto: il PD è in difficoltà ma il PDL soffre anch’esso. I due partiti principali, sono stati i veri bersagli dell’astensionismo. Nel caso del PDL, come dicevo, dipende dalle pecche politiche e personali di Berlusconi e dall’incapacità di questo governo e di questa maggioranza nel gestire la crisi, il fenomeno dell’immigrazione ecc. Nel caso del PD ciò dipende da un’insoddisfazione diffusa dei propri elettori sulla politica spesso poco chiara e poco decisa, ma ciò sarà argomento di un mio ulteriore articolo sulla condizione della sinistra dopo il voto di giugno.
Per quanto riguarda i due partiti della sinistra radicale, infine, ritengo che questa volta sia stata posta una pietra tombale sia sul progetto di una sinistra laica e senza aggettivi che sulla costituente comunista. I comunisti, sempre più arroccati nella loro deriva identitaria e Sinistra e Libertà alla perenne ricerca di un orizzonte politico che non riesce a trovare. Certo l’ostracismo televisivo contro le piccole formazioni e la scarsità di mezzi ha contribuito al mancato raggiungimento della soglia elettorale. Ma il problema di fondo è politico. Chi ha capito in cosa si diversificavano le due formazioni della sinistra radicale (a parte nome e simbolo)? Quella sinistra che vuole stare dalla parte dei deboli è sempre più un club elitario autoreferenziale la cui utilità al Paese è dubbia e discutibile. E questo è un discorso che con sfumature diverse riguarda tutte e due le formazioni nate dal disfacimento di Sinistra Arcobaleno. Di contro i comunisti si ostinano a porsi come alternativa al PD e non come interlocutori con l’ambizione di contribuire a spostarne a sinistra la linea politica e con la lucidità del senso del compromesso inteso come sintesi e mediazione tra diverse posizioni. Il Paese, in modo convulso, caotico e scomposto, sta iniziando a volere un cambiamento ma sembra proprio che nessuno sia in grado di soddisfare e coltivare questo nascente bisogno.

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