venerdì 30 gennaio 2009

Simeto ambiente, accordo con Serit sblocca gli stipendi

CATANIA – Via libera all’anticipazione finanziaria in favore dell’Ato rifiuti CT3, da parte della Serit Sicilia, per pagare gli stipendi dei lavoratori. L'accordo è stato raggiunto questa mattina al termine della riunione in prefettura. La Serit anticiperà 2 milioni di euro sulle riscossioni della TIA e provvederà ad effettuare i bonifici direttamente alle ditte che effettuano il servizio di raccolta e conferimento in discarica dei rifiuti.Soddisfazione e apprezzamento è stato espresso dal presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, e dall'assessore regionale al Territorio e Ambiente, Pippo Sorbello, che a nome del governo, hanno ringraziato il prefetto di Catania, Giovanni Finazzo e il vice prefetto Angelo Sinesio per la mediazione, oltre ai vertici della Serit Sicilia.“Esprimo la grande soddisfazione del governo della Regione - afferma Lombardo - per l'accordo trovato stamani che permetterà la ripresa della raccolta dei rifiuti nei comuni della provincia di Catania. Un plauso al prefetto Finazzo e al dott. Sinesio, alla Serit Sicilia e alla Simeto Ambiente per aver ricercato e trovato un punto d'incontro favorevole a sbloccare la situazione”.“L'accordo trovato in prefettura - dice Sorbello - permetterà la ripresa della raccolta dei rifiuti anche nei comuni di Misterbianco, Paterno' e Santa Maria di Licodia, in provincia di Catania. L'approvazione in commissione del disegno di legge di riordino degli ATO - prosegue Sorbello - che individua le modalità operative per razionalizzare il sistema dei rifiuti in Sicilia, rappresenta un significativo passo in avanti nella strada già tracciata dal governo. Nei prossimi giorni - conclude Sorbello - valuteremo l’opportunità di insediare una task force tecnica in grado di gestire l’emergenza fino all’approvazione della legge e alla sua piena applicazione”.La Serit Sicilia al termine della riunione in prefettura ha dato mandato ai propri uffici di cominciare ad effettuare i bonifici direttamente alle ditte per pagare gli stipendi dei lavoratori che ricominceranno ad effettuare il servizio di raccolta dei rifiuti.
Sicilia Today
gennaio

domenica 25 gennaio 2009

CAMPAGNA "S.O.S. Palestina" " Raccolta Nazionale di Fondi per i bambini e le bambine di Gaza".

Riceviamo e pubblichiamo:


Promossa dal CIEP- Comitato Internazionale Educazione per la Pace
Davanti alla follia aggressiva di Israele nei territori di Gaza dove muoiono ingiustamente esseri umani, la cui unica colpa è quella di essere palestinesi, condannati da decenni a vivere in condizioni disumane e a non avere uno Stato, così come voluto dal proprio popolo e dalla comunità internazionale, le nostre coscienze si ribellano e danno vita alla Campagna Nazionale “S.O.S. Palestina” per sensibilizzare i cittadini italiani e promuovere una raccolta di fondi per i bambini e le bambine di Gaza.
Nonostante gli appelli dei movimenti contro la guerra, l’intervento dell’esercito israeliano è avvenuto come da tempo pianificato. L’aggressione militare si sta trasformando in un vero e proprio genocidio della popolazione di Gaza, e come sempre il prezzo più alto è pagato dai bambini e dalle bambine che muoiono a causa dei bombardamenti o impazziscono per il terrore.
Al tal fine istituiamo un Comitato di Garanti il cui compito è quello di promuovere la raccolta dei fondi (conto corrente postale, banchetti, cene di solidarietà, incontri, ecc.) e di gestire la fase operativa per l’invio degli stessi a idonee strutture umanitarie presenti nei territori di Gaza.

Comitato dei Garanti

Angelo Baracca (Prof di fisica nucleare, Università di Firenze) Maria Jose Caldes Pinilla ( Medico, Osservatorio Italiano sulla Salute Globale) Paola Canarutto (Internista , Ospedale San Giovanni Bosco di Torino) Hilarion Capucci (Arcivescovo Emerito di Gerusalemme in esilio) Sergio Cararo(Forum Palestina) Massimo De Santi (Fisico, Pres. Comitato Internazionale di Educazione per la Pace) Manlio Dinucci (Giornalista e Geografo) Ada Donno (Pres. Donne del Mediterraneo, Sezione Italiana) Elzir Ezzidin (Responsabile Culturale Comunità Palestinese di Toscana) Giorgio Forti (Prof. Emerito alla Facoltà di Scienze, Università di Milano) Mariano Mingarelli (Associazione di Amicizia Italo-Palestinese) Giorgio Parisi (Prof di fisica, UniRoma1) Roberto Passini (Avvocato, Comitato Difesa Costituzione) Antonia Sani (Pres. Wilpf Italia, Lega Internazionale Donne per la Pace e la Libertà).

Con l’appoggio di Alex Zanotelli


I CONTRIBUTI SI INVIANO SUL CONTO BANCARIO
DELL’ASSOCIAZIONE DI AMICIZIA ITALO-PALESTINESE ONLUS


CAUSALE: “EMERGENZA BAMBINI GAZA”
CONTO CORRENTE BANCARIO
MONTE DEI PASCHI DI SIENA AGENZIA N.3 FIRENZE
CODICE IBAN : IT65X0103002803OOOOO1807989
I CONTRIBUTI SONO DETRAIBILI DALLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI


Per informazioni o contatti: Massimo De Santi, e-mail:maxcosmico@alice.it , Cell. 338.1337573
Mariano Mingarelli, e-mail: mariano.mingarelli@tiscali.it, Cell. 340.5090916
Diffusione a cura del Comitato catanese di solidarietà con il popolo palestinese

Epifani: «Ci hanno colpito, risponderemo»

Il j’accuse di Guglielmo Epifani arriva al termine di una riunione fiume con i segretari delle categorie e quelli dei territori. E ce n’è per tutti. Per il governo, che ha «deliberatamente cercato la rottura», per la Confindustria che «ha una responsabilità diretta ed esplicita», per Cisl e Uil «perché mai la Cgil avrebbe firmato un accordo sulle regole senza di loro. Mai». Invece Cisl e Uil e tutti gli altri hanno firmato. Perché la Cgil no? «Perché è stato un prendere o lasciare su un testo che non può essere condiviso. Restringe la contrattazione, quella nazionale è fortemente depotenziata in tutti i suoi aspetti; quella aziendale non viene estesa. Il testo contiene un principio di derogabilità ai principi generali che può rendere inesigibili le norme del contratto nazionale. A livello nazionale si procede, strutturalmente, a una riduzione del potere d’acquisto. E non abbiamo firmato perché c’è una norma sul diritto di sciopero assolutamente inaccettabile in quanto le parti dovrebbero stabilire che solo chi rappresenta la maggioranza ha la possibilità di proclamare gli scioperi. Messo così non è un tema delle parti sociali, il diritto di sciopero è garantito dalla Costituzione. È un terreno improprio e pericoloso, una forzatura voluta dal ministro Sacconi. C’è poi l’estensione abnorme della bilateralità. Lei ha parlato della nascita di una casta...«Estesa impropriamente la bilateralità rischia di creare una casta di burocrati, del sindacato e delle imprese». Si aspettava questa accelerazione?«Doveva essere una riunione per discutere dei provvedimenti contro la crisi, invece contro la crisi non è stato proposto nulla ed è finita con un accordo separato sui contratti. È il segno di una scelta deliberata, profondamente sbagliata e che porterà un sacco di problemi». La presidente di Confindustria dice che la porta è sempre aperta.«Ho letto dichiarazioni di Emma Marcegaglia assolutamente incomprensibili. Voglio dire che non è stata la Confindustria a tentare di convincere la Cgil, ma è stata la Cgil a fare l’estremo tentativo chiedendo alla Marcegaglia una disponibilità a discutere sui punti di disaccordo. È stato un senso di responsabilità mantenuto fino all’ultimo dalla Cgil e che si è scontrato con il no della Marcegaglia, la quale ha una responsabilità diretta ed esplicita in questa vicenda, cosa che mai mi sarei aspettato. Come le ho detto la Cgil e Confindustria sono i soggetti fondamentali, anche se non unici, del sistema delle relazioni industriali del Paese e dovrebbero avere tra di loro attenzione e responsabilità reciproca. Cosa che non ho trovato». Forse perché Confindustria con l’accordo porta a casa un bel po’ di cose.«Porta a casa un credito verso il governo, un indebolimento del sindacato, una restrizione degli spazi collettivi di contrattazione, una bassa politica salariale del contratto nazionale. Ma non la cosa più importante: regole condivise. Questa assenza determinerà incertezza permanente nei rapporti, a tutti i livelli. E creerà un problema in più alle imprese, dappertutto». La leader degli industriali dice che lei, Epifani, pensa ad altro, alle elezioni europee. Che cosa risponde? «Che dovrebbe chiedere scusa se è una persona onesta. Anzi, avrebbe già dovuto farlo».Al movimento sindacale restano invece un bel po’ di cocci.«Cocci, esattamente. Resta soprattutto un punto, che per noi questa volta è risolutivo nei rapporti con Cisl e Uil, perché la Cgil non avrebbe mai firmato un accordo sulle regole generali senza Cisl e Uil, mai. Non lo avrebbe concepito. Com’è possibile che quello che per la Cgil è impensabile per gli altri lo è? Non mi si dica che c’è un problema di merito perché c’è sempre un problema di merito tra tre organizzazioni». Ora che cosa farà la Cgil? «Sono problemi grandi e destinati a durare quindi faremo ponderatamente le nostre scelte. Apriremo discussioni nei luoghi di lavoro e chiediamo di farlo unitariamente, e chiederemo ai lavoratori di esprimersi democraticamente. Lo facemmo anche nel ‘93. E una sfida democratica cui nessuno può sottrarsi, se no vuol dire che si ha paura di quello che si è firmato. E risponderemo con una iniziativa di lotta specifica che deciderà il direttivo, ferme restando le iniziative programmate». Il Pd si è diviso, solo una parte vi sostiene. L’amareggia? «Abbiamo provato fino all’ultimo a fare l’accordo, non si è voluto trovarlo per responsabilità di governo e Confindustria. È evidente che un partito che ha dentro di sé diverse anime e culture possa avere opinioni diverse. Mi piacerebbe che tutto il Pd chiedesse a tutto il sindacato di affrontare un percorso democratico affidando la risoluzione al voto dei lavoratori. Sarebbe un messaggio verso la direzione giusta».
L'unità
Felicia Masocco
24 gennaio 2009

Crisi e lavoro


Francobollo


Emergenza Rifiuti - Allarme igienico sanitario nel catanese

Ad una settimana dall’inizio dello sciopero degli operatori ecologici del Consorzio Simco, che si occupano della raccolta dei rifiuti nei Comuni dell’ATO 3 Simeto Ambiente, è già allarme igienico sanitario.Noi siamo andati a Paternò dove le strade sono invase dall’immondizia e l’aria è irrespirabile.Il sindaco Pippo Failla non risparmia accuse al Governo regionale mentre il primo cittadino di Adrano fa sapere di essere pronto a manifestare al fianco di netturbini e residenti.
sabato 24 gennaio 2009
http://www.mediterraneonews.it/

Dittatura teocratica pontificia

Si respira aria di medioevo e di stato iraniano. Le posizioni della chiesa sono sempre più arretrate, integraliste e reazionarie e sempre più le ingerenze vaticane si fanno sentire all’interno della vita politica degli Stati sovrani. Basti pensare al caso di Eluana. I vescovi come qualunque altro cittadino, hanno diritto di avere un loro pensiero e di esprimerlo pubblicamente. La chiesa come ogni organizzazione, ha il diritto di esprimere e propagandare le proprie idee (fatti salvi i principi costituzionali). Ma è inammissibile e da Stato Teocratico fondamentalista affermare che le leggi di dio sono superiori a quelle degli uomini. Un credente può pensarlo da un punto di vista morale, ma nessuno può tirarsi fuori dallo Stato di Diritto e per nessun principio sia esso nobile o ignobile. Ed in tutta sincerità, da laico sono felice della reazione avuta da Mercedes Bresso alle oscurantiste affermazioni del cardinale Poletto. Cito una frase per tutte: “Non viviamo in una repubblica di ayatollah, nella quale il diritto religioso fa premio sul diritto civile”. Un barlume di autonomia laica c’è ancora anche in Italia e mi stupisce positivamente che sia presente all’interno del PD.
Pontefice e gerarchie ecclesiastiche portano avanti la loro lotta contro la secolarizzazione ed il libero pensiero laico, contro il diritto a non volere vivere una vita vegetativa ed artificialmente prolungata, contro la libertà di avere una maternità consapevole e responsabile, contro la libertà di espressione della propria sessualità, contro il diritto ad una famiglia diversa da quella stabilita dalla morale cattolica, contro il libero percorso che fa il pensiero umano attraverso la scienza e contro il relativismo di cui oggi più che mai ci sarebbe tanto bisogno… Analogamente alle dittature politiche, la Chiesa cerca sempre di imporre la propria morale a tutti quanti, proprio come uno Stato musulmano integralista o come Cortes e gli altri colonizzatori paladini della fede cattolica romana.
Nel frattempo, ancora una volta, emerge il problema della pedofilia tra i sacerdoti come viene messo in luce dal recente caso di Verona con decine di bambini e ragazzi sordi violentati e molestati in un istituto. Ma meglio nascondere queste cose. Meglio attaccare il neo presidente Obama perché ha deciso di rimuovere la così detta Mexico City Policy, che vieta il finanziamento delle organizzazioni impegnate nella pratica e nella promozione dell'aborto nei paesi in via di sviluppo. Non importa che Barack Obama abbia deciso di abolire la tortura (così come ogni Paese civile dovrebbe fare), di chiudere il lager di Guantanamo (indegno di qualunque Stato democratico), di finanziare le ONG umanitarie ecc…
L’ultima perla, in ordine temporale, di questo pontificato reazionario, oscurantista e liberticida, è costituito dalla revoca della scomunica ai quattro vescovi tradizionalisti che furono illegittimamente ordinati dall'arcivescovo scismatico Marcel Lefebvre, nel 1988. Questo malgrado uno di tali vescovi abbia più volte sostenuto che l’olocausto sia soltanto un’invenzione propagandistica.
Per fortuna il mondo cattolico non è solo questo (penso in primo luogo alle associazioni umanitarie e di volontariato), ma la Chiesa Cattolica Romana, intesa come gerarchia, è questa, così come quasi sempre è stata dagli albori del cristianesimo.
GR

sabato 24 gennaio 2009

Eluana, pesante ingerenza del cardinal Poletto


Invita i medici all’obiezione di coscienza. Mercedes Bresso:” il diritto religioso non fa premio sul diritto civile. Un’altra clinica di Udine offre ospitalità
Ancora in primo piano la vicenda di Eluana Englaro, nuove polemiche ma anche nuove soluzioni all’orizzonte.
Dopo la rinuncia della clinica "Città di Udine" a ospitare la donna in stato vegetativo da 17 anni, un'altra struttura, sempre friulana e sempre di Udine, si offre di accoglierla ed eventualmente attuare la sentenza che autorizza la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione artificiale: si tratta della clinica "Quiete". Lo ha detto oggi la presidente della struttura Ines Domenicali. "Il sindaco di Udine è stato contattato nei giorni scorsi dalla famiglia Englaro - ha detto Domenicali - che a sua volta ci ha interpellato per conoscere la nostra disponibilità al ricovero. Al momento - ha aggiunto - stiamo verificando questa ipotesi". Il presidente ha chiarito che la clinica non è "convenzionata con il sistema sanitario nazionale e quindi per noi non possono valere atti d'indirizzo come quelli del ministro Sacconi''. La "Quiete", inoltre, si limiterebbe all'ospitalità di Eluana, mentre le procedure per la sospensione dell'idratazione e dell'alimentazione avverrebbero con l'intervento di un'equipe di volontari. «Confermo di aver chiesto alla clinica “Quiete” di verificare l'ipotesi di accogliere Eluana Englaro - ha detto il sindaco Furio Honsell - perché ritengo opportuno che la città possa dare una risposta giusta e civile a questa vicenda. Non ritengo giusto aggiungere altro se non il mio sostegno nei confronti di chi deve ancora assumere decisioni importanti».Anche la famiglia conferma i contatti avuti con il primo cittadino «ma per ora non è arrivata alcuna risposta concreta», ha precisato Franca Alessio, curatrice speciale di Eluana. Intanto, ha detto l'avvocato, si battono strade alternative: «Stiamo cercando di portare avanti la nostra richiesta, anche con altre strutture, ma in modo assolutamente riservato come è doveroso che sia». Tutto questo avviene proprio mentre i giudici della terza sezione del Tarcome aveva disposto il decreto dei giudici della Corte d'Appello Civile di Milano. In aula ci sono solo il professor Vittorio Angiolini, legale di Englaro, e l'avvocato Franca Alessio. Il padre Beppino invece non è presente all'udienza. Tra qualche giorno è prevista la sentenza, con "rito breve" come proposto dai legali della famiglia di Eluana. Ma la vicenda continua ancor d essere al centro del dibattito politico, e non solo. della Lombardia sono riuniti da stamattina per stabilire se annullare il provvedimento con cui la Regione Lombardia, a settembre, aveva negato la possibilità al personale sanitario di tutte le strutture sanitarie pubbliche e convenzionate di effettuare l'interruzione dell'alimentazione e dell'idratazione artificiali che tengono in vita Eluana, così
Cardinal Poletto - «La legge di Dio prevale su quella dell'uomo» e per questo motivo «i medici cattolici che si trovassero a lavorare nell'ospedale dove si intende interrompere l'alimentazione di una persona, dovrebbero obiettare e rifiutarsi di farlo». A parlare è il card. Severino Poletto, arcivescovo di Torino, che, intervistato da Repubblica, spiega che «la Chiesa è contraria all'accanimento terapeutico» ma «qui si decide se continuare ad alimentare o no una persona. Questa è eutanasia e la Chiesa è contraria all'eutanasia come a ogni negazione di vita». Il cardinale ricorda inoltre che «un cattolico rispetta le leggi e rispetta la sua coscienza». Per questo, aggiunge, «esiste la possibilità di fare obiezione quando l'applicazione di una legge contrasta con i propri convincimenti».
Mercedes Bresso - Pronta la risposta del governatore del Piemonte Mercedes Bresso, la quale due giorni fa aveva offerto la disponibilità della sua regione ad ospitare Eluana. "Non viviamo in una repubblica di ayatollah, nella quale il diritto religioso fa premio sul diritto civile". Ha dichiarato la Bresso ai microfoni di Radio 24 rispondendo alle dichiarazioni del cardinal Poletto. "Non entro in merito alle dichiarazioni del cardinal Poletto che invita i medici cattolici all'obiezione di coscienza - ha aggiunto la Bresso - perché sono valutazioni religiose. Ma dico che l'obiezione di coscienza, che nel nostro Paese è consentita solo per l'interruzione di gravidanza, evidentemente sarebbe rispettata anche in un caso del genere. Nessuno può essere obbligato a fare qualcosa se ritiene di non poterlo fare. Se fossi un medico e mi fosse chiesto di applicare il decreto - ha detto la Bresso - lo farei, ma con la morte nel cuore. Ma penso che sia altrettanto disumano pretendere che per un tempo infinito una persona che non è più in stato di vita debba essere tenuta artificialmente in vita con lo strazio della famiglia. La morale propria comunque non deve essere mai applicata agli altri". Alla domanda se ci fossero stati contatti con la famiglia Englaro la Bresso ha risposto: "C'erano stati in passato. Non posso giurare che non ci siano stati contatti ora. Ma se mai ci fossero non lo dichiareremmo". ». Comunque, ha precisato, «se parlo, dicendo che non ci saremmo tirati indietro di fronte a una richiesta della famiglia Englaro, lo faccio per accertata disponibilità delle nostre strutture». A proposito dell'atto di indirizzo del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, «una circolare - commenta la presidente - non supera la legge e l'interpretazione della legge non è compito dell'Esecutivo. Anzi, si aprono inquietanti prospettive quando si cerca di piegare la legge a una decisione che è politica».
Roccella - Secondo il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, però, la sentenza della Cassazione che autorizza a staccare il sondino che tiene in vita Eluana Englaro, sarà di difficile applicazione all'interno del servizio sanitario nazionale. «Non è previsto in nessun Livello Essenziale di Assistenza - ha spiegato a Repubblica Tv - la possibilità di interrompere nutrizione e idratazione».
Mantovano - Le parole del Governatore del Piemonte nei confronti del cardinal Poletto sul caso Eluana Englaro sono "incivili". È quanto afferma in una nota il sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano. "Quando il card. Poletto richiama l'inviolabilità di ogni vita umana, qualunque sia la sua condizione, non recita la versione cattolica dell'ayatollah: sottolinea - osserva - un dato di diritto naturale, constatabile da chiunque, qualunque sia la sua confessione religiosa. Che Eluana sia viva, che non sia in condizione di morte imminente, che su di lei non sia praticato accanimento terapeutico... tutti questi elementi non derivano dal catechismo, ma dalla obiettiva osservazione della realtà".
Veltroni - "Meno la politica c'entra e meglio è". Così il segretario del Pd, Walter Veltroni, risponde ai giornalisti che gli chiedono un commento sulla decisione della governatrice del Piemonte, Mercedes Bresso. "La presidente Bresso sta facendo ciò che è giusto fare, garantendo l'autonomia delle strutture sanitarie rispetto a forme di pressione politica. L'importante è che non ci sia alcuna strumentalizzazione da parte dei partiti". "C'è una sentenza, è sul tavolo. Il governo, in primo luogo, e la politica devono avere rispetto per questa vicenda che è legale ma anche con risvolti umani".
Dazebao informazione on line
Mariafrancesca Ricciardulli
Giovedì 22 Gennaio 2009

La CISL e la UIL tradiscono il mondo del lavoro

Ancora una volta nasce una luna di miele tra Berlusconi capo del governo e due sindacati confederali: la CISL e la UIL. Oggi come ai tempi del patto per l’Italia. Ancora una volta, con Berlusconi al governo, la CGIL è costretta a difendere, da sola, gli interessi dei lavoratori. Oggi come ai tempi di Cofferati e della sua strenua e vittoriosa lotta, contro l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Lasciamo perdere l’UGL, su cui preferisco non parlare per evitare di dire cose troppo spiacevoli, ma la CISL e la UIL continuano a fare scelte criticabili e devastanti per gli interessi dei lavoratori. E questa è una cosa che mi dispiace.
Ma la CGIL continuerà a portare avanti, in modo solitario le sue lotte, così come sta facendo contro tutti non firmando l’accordo sulla riforma degli assetti contrattuali, così come ha lottato contro l’abolizione dell’articolo 18. Ancora una volta, la CGIL sarà la sola forza di opposizione al pensiero unico che sempre più si impone nel nostro Paese. Mentre CISL e UIL saranno, ancora una volta, le stampelle di un governo confindustriale e strumento dei potentati finanziari.
G.R.

giovedì 22 gennaio 2009

Israele deve essere giudicato dalla Corte Penale Internazionale –

Circa 300 tra ONG e associazioni chiederanno al Procuratore della Corte Penale Internazionale di aprire un'inchiesta sui crimini di guerra commessi da Israele a Gaza. Il vostro sostegno è indispensabile. Firmate e fate circolare questa «petizione universale». È urgente.
Al Procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI)

Il diritto è il segno distintivo della civiltà umana. Ogni progresso dell'umanità è coinciso con il consolidamento del diritto. La sfida che ci pone l'aggressione di Israele contro Gaza consiste nell'affermare, in mezzo a tanta sofferenza, che alla violenza deve rispondere la giustizia.
Crimini di guerra? Solo i tribunali possono condannare. Ma tutti noi dobbiamo recare testimonianza, perché un essere umano esiste solo in relazione agli altri. Le circostanze danno tutta la sua dimensione all'articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1949, «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza».La protezione dei popoli, e non quella degli Stati, è la ragion d'essere della Corte Penale Internazionale. Un popolo senza Stato è il più minacciato di tutti, e davanti alla Storia si trova sotto la protezione delle istanze internazionali. Il popolo più vulnerabile dev'essere il più protetto. Uccidendo i civili palestinesi, i carri armati israeliani fanno sanguinare l'umanità. Ci siamo battuti perché il potere del Procuratore generale fosse al servizio di tutte le vittime, e questa competenza deve permettere che tutto il mondo riceva un messaggio di speranza, quello della costruzione di un diritto internazionale basato sui diritti delle persone. E insieme, un giorno, potremo rendere omaggio al popolo palestinese per il contributo che ha dato alla difesa delle libertà umane.
CAMPAGNE
Per sottoscrivere, firma in calce
http://www.infopal.it/

La CGIL di nuovo in piazza

Se il Governo non fornirà risposte adeguate per fronteggiare la crisi economica che attanaglia il Paese, la Cgil scenderà in piazza ai primi di aprile, probabilmente il 4. Ad annunciarlo è il leader della Cigl, Guglielmo Epifani, in una conferenza stampa in vista dell'incontro di domani con l'esecutivo. Per Epifani, sino ad oggi, il Governo si è mostrato passivo, senza "un'idea, un progetto per governare la crisi". Ecco perchè "se il Governo non darà risposte" la Confederazione si prepara ad una grande manifestazione. "Non sarà uno sciopero", precisano a Corso Italia, ma una vera e propria "chiamata generale", pronta a rievocare quella storica giornata del 23 marzo 2002. Allora c'era Cofferati e la battaglia sull'articolo 18, una sinistra annaspante e il bisogno di ridare fiato ai diritti del mondo del lavoro. Oggi c'è la crisi economica e strutturale che si allarga e si aggrava a macchia d'olio, e il picco ci sarà probabilmente tra marzo e giugno. Aprile è dunque un mese simbolico, in grado di ridare speranza e prospettive di lotta ad un paese in pesante difficoltà. Una "primavera" sociale a fronte del lungo inverno della politica, forse anche un "messaggio di commiato" del segretario da corso Italia. Cofferati lasciò il sindacato a settembre del 2002, Epifani potrebbe volare verso Bruxelles a giugno 2009. Ma la crisi incombe, il governo non dà risposte, la politica boccheggia e la Confederazione necessita di una "manutenzione" politica e organizzativa. E' ora di rimboccarsi le maniche.
Corso Italia prepara le cartucce: lunedì scorso, l'incontro con il segretari generali della Funzione pubblica e dei Metalmeccanici, Podda e Rinaldini, ha contribuito a stemperare le posizioni e le divergenze interne. Nessuna paventata "resa dei conti". La Confederazione si rafforza al suo interno e il segretario chiama all'azione le anime "attendiste": lo sciopero congiunto Fp e Fiom, inizialmente previsto per il 13 febbraio, ci sarà, ma probabilmente si allargherà anche ad altre categorie (e quindi potrebbe slittare di qualche giorno) e verrà seguito da molte altre iniziative. In cantiere ci sono i pensionati, il nordovest, il sud. Fino alla chiamata generale di aprile.
Quello che preoccupa maggiormente Corso Italia "è la flessione molto forte degli investimenti e dei beni strumentali e durevoli", sottolinea Epifani, spiegando che la crisi si sta abbattendo in modo particolare sui settori dell'auto, dei mezzi di trasporto, degli elettrodomestici e della meccanica e componentistica. "La Cgil ritiene - precisa - che non bisogna avere paura di questa crisi, lo dico al Governo ma non bisogna fuggire dalla durezza di questa crisi". E sempre rivolgendosi all'esecutivo afferma: "Nella sostanziale passività del Governo vedo una grande differenza da quello che stanno facendo gli altri Paesi. Pensiamo al settore dell'auto dove tutti i Paesi si stanno muovendo mentre l'Italia non ha fatto nulla".
Diverse le richieste che la Cgil intende rivolgere all'esecutivo al tavolo di domani. Per primo "bisogna mettere in condizioni le imprese (non solo quelle medie e piccole ma anche per quelle grandi che possono ancora investire) e le famiglie di poter accedere al credito" anche perché "se non si sblocca questo punto tutto è più difficile". E a questo proposito il sindacato denuncia "lo scaricabarile" in corso tra Banche e imprese a cui assiste "senza far nulla il governo".Poi bisogna affrontare il nodo degli ammortizzatori sociali e delle tutele: "Gli ammortizzatori - ammonisce però Epifani - hanno senso solo se inseriti in una più ampia politica industriale". E, a tal proposito, il leader della Cgil si dice preoccupato per lo slittamento dell'incontro tra Governo e Regioni che "fa capire come allo stato attuale non c'è l'accordo". Sul tema degli ammortizzatori serve "fare presto e serve chiarezza. Ognuno deve mettere il suo, è giusto chiedere alle Regioni, ma anche il Governo deve fare la sua parte".
Epifani ricorda che al Governo sono stati chiesti tre incontri dai sindacati sul settore dell'auto, della chimica e della moda e "a nessuna di queste tre domande di incontro è stata data una risposta. L'esecutivo deve aprire questi tre tavoli di confronto". Infine, "il Governo deve dire come intende affrontare quella che Tremonti ha chiamato una situazione drammatica, quella del Mezzogiorno". Insomma, palazzo Chigi deve fornire delle risposte perché nel Paese "c'è una situazione - assicura Epifani - che può diventare socialmente pesante. Ieri l'assemblea di Pomigliano è stata molto pesante e in molte aree, se la crisi non viene governata, i problemi diventeranno seri e pesanti. Per affrontare la durezza di questa crisi - conclude - bisogna dare risposte a questi problemi".
Aprile on line
C.R., 21 gennaio 2009

RIFIUTI: EMERGENZA NEL CATANESE, COMUNI ANTICIPANO SOMME

Misterbianco e Paterno' rimangono fermi nelle loro posizioni: sono gli unici due Comuni a negare il via libera alle anticipazioni per fare fronte alle agitazioni degli operatori ecologici. Gli altri 15 Comuni dell'Ato 3 Simeto Ambiente, pur a denti stretti e con il timore di minare i propri bilanci, hanno dato il via libera ad utilizzare fondi propri o i trasferimenti trimestrali di marzo, che la Regione accreditera' in anticipo ai Comuni tra una settimana, vista l'emergenza rifiuti. Si allenta cosi' la tensione nel Catanese e da domani i lavoratori dell'Ato 3 ancora in attesa dello stipendio di dicembre potrebbero riprendere il lavoro, anche se le preoccupazioni aumentano per la mensilita' di gennaio. Ad Adrano, intanto il sindaco ha organizzato manifestazioni di piazza e convocato per lunedi' una giunta straordinaria in mezzo ai rifiuti. Per il momento rimangono le incognite di Misterbianco, Paterno' e Santa Maria di Licodia, dove la rabbia degli operatori potrebbe esplodere. Quella trovata oggi in prefettura e', dunque, solo una soluzione tampone.
(AGI) - Catania, 22 gen.

Rischio emergenza rifiuti in provincia di Catania.

I lavoratori che si occupano della raccolta dell'immondizia nei diciotto comuni del Catanese, facenti parte dell'Ato Simeto Ambiente, hanno deciso di incrociare le braccia fino a data da destinarsi.Il servizio sarà garantito solo nei comuni di Motta Sant'Anastasia e Gravina di Catania, dove le rispettive Amministrazioni comunali si sono impegnate ad anticipare le somme dovute agli operatori ecologici.Resta invece fermo per i restanti sedici paesi etnei, per molti dei quali si attende ancora, da parte dei rispettivi Consigli comunali, l'approvazione della tariffa d'igiene ambientale.Questa mattina, a Misterbianco, nuova protesta dei netturbini del consorzio "Simco", che svolgono il servizio di raccolta dei rifiuti in paese, davanti la sede del municipio del comune etneo per il mancato pagamento degli stipendi di dicembre.Il sindaco, Ninella Caruso, si dice "preoccupata per i disagi igienico e ambientali che l'interruzione del servizio di raccolta potrebbe nuovamente causare sul territorio" ed invita i cittadini a "non gettare i rifiuti soprattutto nelle zone in cui è effettuata la raccolta differenziata e con il sistema porta a porta".Domani, intanto, è previsto l'ennesimo incontro a Palermo, ma è chiaro che d'ora in poi non saranno ammessi altri passi falsi. E' necessaria una soluzione definitiva per evitare che le strade di Catania possano trasformarsi in discariche a cielo aperto con conseguenti rischi igienico-sanitari.Da non sottovalutare la disperazione dei lavoratori che non percepiscono lo stipendio e che ovviamente devono fronteggiare scadenze e pagamenti, molti dei quali sono già ricorsi a finanziarie per effettuare le spese ordinarie.

RIFIUTI: SCIOPERO RACCOLTA, NEL CATANESE SI TEME EMERGENZA

Si teme nuovamente un'emergenza rifiuti nei Comuni della provincia di Catania serviti dall'Ato Simeto Ambiente. I dipendenti hanno proclamato lo sciopero a oltranza per rivendicare le spettanze arretrate e dunque il ritiro della spazzatura si e' fermato. Dei 18 Comuni aderenti all'Ato, solo Motta Sant'Anastasia e Gravina di Catania sono stati in grado di versare anticipazioni, e li' il servizio viene garantito. Ma nei restanti sedici Comuni, dopo il fallimento di un tentativo di comporre la vertenza ieri sera in prefettura, la raccolta e' sospesa. Intanto a Misterbianco nuova protesta dei netturbini del consorzio Simco, che si sono radunati sotto la sede del Municipio in via Sant'Antonio Abate per rivendicare il pagamento degli stipendi di dicembre. Il sindaco Ninella Caruso "preoccupata per i disagi igienico e ambientali che l'interruzione del servizio di raccolta potrebbe nuovamente causare sul territorio", ha invitato i cittadini "a non gettare i rifiuti soprattutto nelle zone in cui e' effettuata la raccolta differenziata e con il sistema porta a porta".
(AGI) 20 gen. -

lunedì 19 gennaio 2009

La vignetta di Staino

L'unità 16 gennaio 2009


ATO 3 Rifiuti, nuovo sciopero degli operatori ecologi

Esasperati i netturbini che operano per conto dell’Ato 3 Simeto Ambiente, che oggi , come promesso, hanno incrociato le braccia bloccando, di fatto, la raccolta dei rifiuti in tutti i diciotto comuni dell’hinterland etneo gestiti dalla società d’ambito.La protesta è arrivata al tavolo della prefettura di Catania, ma non sembrano esserci spiragli per una revoca delle manifestazioni.I sindacati dicono si al ritorno della gestione diretta dei comuni, ma le risposte devono arrivare dal governo regionale.
19 gennaio

domenica 18 gennaio 2009

Emergenza Rifiuti a treemestieri Etneo

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TG Mediteraaneo News 14 gennaio

Sciopero ATO3 Simeto Ambiente

Come preannunciato, per lunedì mattina.i sindacati hanno confermato un nuovo sciopero degli operatori ecologici in servizio nei 18 comuni dell’hinterland catanese che fanno parte dell’ATO 3 Simeto Ambiente.Sull’argomento Ambito territoriali ottimali e gestione dei rifiuti, oggi a Catania, i sindaci dei centri interessati hanno incontrato l’assessore regionale al territorio e ambiente Giuseppe Sorbello.

TIA: SENTENZA TOMBALE - E' DEL GIUDICE ORDINARIO LA COMPETENZA A DECIDERE.

Il Presidente della Sezione FEDERCONSUMATORI di Mascalucia, dr. Lucio Traina, dichiara:
"Con l'ultima sentenza emessa dal Giudice di Pace di Mascalucia, Avv. Zarrillo, si definisce una volta per tutte la competenza giurisdizionale per le controversie in merito alla Tariffa Igiene Ambientale (ex Tarsu). All'interno del provvedimento 33/09 del 14.01.09, pronunciato dal Giudice Avv. Zarrillo, è chiaramente evidenziata la competenza del giudizio in forza della peculiarità della tariffa. Il decidente, infatti, si richiama alla Risoluzione n. 250/E prodotta dall'Agenzia delle Entrate nel giugno scorso. All'interno di questo pronunciamento ministeriale, emerge chiaramente la natura privatistica della TIA ' in quanto corrispettivo assogettato ad IVA che il cittadino paga a fronte della fruizione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani' e la conseguente esclusione giurisdizionale delle Commissioni Tributarie per la composizione delle liti in materia. Noi di FEDERCONSUMATORI sposiamo da sempre le affermazioni che oggi troviamo espresse nella recente sentenza e ci meravigliamo delle contrastanti affermazioni fatte da un ex-dirigente dell'Agenzia delle Entrate, in una lettera apparsa il 30 dicembre scorso all'interno della rubrica "Lo dico alla Sicilia"; lettera nella quele l'ex-dirigente, pur sostenendo la illegittimità della TIA, in quanto non deliberata dai Consigli Comunali, mostra di disconoscere l'orientamento dell'Ente da cui proviene. Concludo auspicando che, alla luce, delle nuove pronunce dell'Agenzia delle Entrate quale organo specialistico in materia, e del Giudice di Pace di Mascalucia, non si vorrà più discutere in merito all'accertata competenza giursdizionale del Giudice Ordinario nelle liti di specie".
Comunicato Stampa di Federconsumatori Mascalucia

venerdì 16 gennaio 2009

ThyssenKrupp, al via il processo per omicidio volontario

Sono due, su un totale di sei, gli imputati del processo ai manager della ThyssenKrupp che sono presenti oggi nella maxi aula 1 del Palazzo di Giustizia di Torino. Sono Raffaele Salerno, direttore dello stabilimento di Corso Regina Margherita, e Cosimo Cafueri, dirigente con funzioni di responsabile dell'Area Ecologia Ambiente e Sicurezza.
Il processo, inizialmente previsto alle nove, non è però ancora iniziato per l'assenza della Corte. Al contrario sono presenti i pm, guidati da raffaele Guariniello, e gli avvocati difensori della multinazionale tedesca. È probabile che la Corte stia valutando il comportamento dei giudici popolari che alla vigilia del processo hanno rilasciato alcune interviste. I giudici dovranno anche valutare l'ammissione delle telecamere in aula nel corso delle udienze.In aula ci sono numerosi familiari degli operai morti. La maggior parte di loro indossa le magliette con i volti delle sette vittime.«Li hanno ammazzati loro e devono andare in galera». Rosina De Masi, la mamma di una delle sette vittime del rogo della ThyssenKrupp del 6 dicembre 2007 a Torino esprime così il suo dolore fuori dalla maxi aula 2 del Palazzo di Giustizia dove stamattina è in programma la prima udienza del processo per la tragedia dell'acciaieria torinese. «Mi spiace solo - aggiunge la donna - che molto probabilmente non avranno l'ergastolo». Come già era accaduto in occasione dell'udienza preliminare, sono numerosi i familiari delle vittime, gli amici e i colleghi di lavoro che seguiranno l'udienza. Uno striscione listato a lutto delle rappresentanze sindacali della Thyssenkrupp è stato esposto all'ingresso del Palazzo di giustizia.

L'unità on line
15 gennaio 2009

giovedì 15 gennaio 2009

Sabato 17 gennaio i costruttori di pace s'incontrano ad Assisi!

La strage continua da 18 giorni.925 morti4200 feritiQuanti bambini, quante donne, quanti innocenti dovranno essere ancora uccisi prima che qualcuno decida di intervenire e di fermare questo massacro?FERMIAMO LA STRAGE!Rompiamo il silenzio dell'Italia!Sabato 17 gennaio 2009 I costruttori di pace s'incontrano ad Assisiper la pace in Medio Orienteore 10.00 Assemblea di riflessione, confronto e propostaCosa possiamo fare per mettere fine a questa tragedia? In che modo vogliamo impegnarci per costruire pace e giustizia in Medio Oriente?Sede: La Cittadella di Assisi - via Ancajani 3ore 13.30 partenza del corteoore 15.30 conclusione della manifestazioneVieni anche tu!Ulteriori informazioni e approfondimenti li trovi suwww.perlapace.itI promotori dell'Appello "Dobbiamo fare la nostra scelta":
Tavola della Pace, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la pace e i diritti umani, Acli, Agesci, Arci, Articolo 21, Cgil, Pax Christi, Libera - Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie, Legambiente, Associazione delle Ong italiane, Beati i Costruttori di pace, Emmaus Italia, CNCA, Gruppo Abele, Cipsi, Banca Etica, Volontari nel Mondo Focsiv, Centro per la pace Forlì/Cesena, Lega per i diritti e la liberazione dei popoli (prime adesioni, 6 gennaio 2009)Invia subito la tua adesione alla Tavola della pace via della viola, 1 (06100) Perugia 075.5736890 - Fax 075.5739337 segreteria@perlapace.it

Gestione rifiuti in Sicilia

I siciliani sono costretti a pagare le tariffe più elevate in cambio di una rete di servizi che è fra le più scadenti d'Italia. Una situazione dovuta al malgoverno e all' irresponsabilità politica di chi amministra nell'assenza di controlli. Emblema di questo, il settore della raccolta e dello smaltimento dell'immondizia.
Sembra che sui siciliani si sia abbattuta una sorta di maledizione: costretti a pagare le tariffe più elevate in cambio di servizi fra i più scadenti d'Italia.
In realtà, la maledizione non c'entra nulla. C'entrano, e molto, il malgoverno, la cattiva amministrazione, l'irresponsabilità politica e l'assenza di adeguati controlli.
Ossia un complesso di fattori che ha generato un sistema "impazzito" che divora enormi risorse finanziarie, pubbliche e private, e produce sprechi, debiti e favoritismi.
La situazione siciliana sta andando alla deriva, fuori d'ogni controllo politico e amministrativo.
La conferma viene dalle tante statistiche, ma ogni cittadino può constatarlo da se, nella vita quotidiana: nei campi della sanità, dei trasporti, nella pubblica amministrazione, nella gestione del mercato del lavoro, in gran parte al nero, dei servizi.
Un esempio? La disastrosa gestione (tranne rarissime eccezioni) dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, affidati ad una pletora di 27 A.T.O, acronimo beffardo che sta per Ambito territoriale ottimale.
Nonostante le leggi e i decreti emanati dal presidente Lombardo, le circolari dell'Agenzia regionale competente che impongono una riduzione nel numero e una riorganizzazione giuridica e funzionale, gli Ato erano ventisette e tanti sono restati.
E continuano ad accumulare debiti, a bruciare risorse pubbliche e/o prelevate direttamente dalle tasche dei cittadini attraverso tassazioni e tariffazioni fra le più alte del Paese.
In Sicilia si paga la tariffa più alta per famiglia
Dall'Osservatorio prezzi e tariffe 2008 di Cittadinanza attiva, si rileva che, nel 2007, in Sicilia si è pagata la tariffa più elevata per famiglia tipo (tre persone e un'abitazione di 100 mq): precisamente 280 euri l'anno (con un incremento del 7,7% rispetto al 2006), contro una tariffa media nazionale di 217 euro. Dopo la Sicilia segue la Campania (262), la ricca Lombardia (184); ultimo è il Molise con 117 euri. Fra le prime 10 città per spesa annua più elevata, sei sono localizzate nel meridione, delle quali tre siciliane: Siracusa al 1° posto (con 400 euri), Agrigento al 3° (con 367 ), Catania al 4° (con 365 ). Palermo è al 16° posto con 261. Ci sono città, anche del mezzogiorno, con una spesa molto più ridotta di quelle sopra citate: Reggio Calabria (95 euri), Brescia (123 ) Cremona (127).
Perché queste forti disparità di spesa? Sarebbe il caso che gli enti gestori e le graziose autorità siciliane lo spiegassero ai contribuenti siciliani.
Sappiamo, da tempo, che una delle cause principali sta negli sprechi prodotti dall'elefantiaca organizzazione territoriale articolata in 27 Ato, invece che 9, ossia uno per provincia come nel resto d'Italia.
Come il solito, è stata usata l'Autonomia per dar vita ad una "nuova idra dalle 27 teste" che brucia risorse e produce un carente servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, con un'incidenza infima della raccolta differenziata e dei processi di riciclo.
Di chi le responsabilità? Precisamente, nessuno lo sa. Anche se è certo che la mostruosa creatura è stata generata nel periodo a cavallo fra le presidenze del ds Angelo Capodicasa e dell'udc Totò Cuffaro.
In una fase, cioè, molto turbolenta ed opaca della politica siciliana, vissuta, pericolosamente fra ribaltoni e contro-ribaltoni, all'insegna del trasformismo più deteriore e di temerarie acrobazie politiche.
Un inciucio nel quale era difficile distinguere il confine fra politica e affarismo e quindi le responsabilità in ordine ai diversi provvedimenti adottati dai governi.
Ridurre a sei gli Ato - rifiuti
Comunque sia, sperando che un bel dì sapremo, il problema attuale è quello di rimediare al danno procurato ai siciliani mediante la riduzione del numero degli Ato-carrozzoni.
Facile a dirsi, ma difficilissimo a farsi! A questa ipotesi s'oppongono, infatti, tre quarti delle forze di maggioranza e, sottobanco, taluni settori dell'opposizione.
Grosso modo lo stesso fronte delle forze che osteggiano il piano di rientro e di riorganizzazione della sanità siciliana.
Com'è noto, il nuovo presidente della regione, Lombardo, anche in aderenza con un pronunciamento dell'Assemblea regionale, ha decretato la riduzione degli Ato da 27 a 14 e di trasformarli in autorità d'ambito, una specie di consorzi fra comuni.
Certamente, un passo nella giusta direzione. Ma non basta. In altre realtà regionali si sta procedendo ad accorpamenti interprovinciali per migliorare il servizio e realizzare economie di scala, a tutto vantaggio dei cittadini.
Cito fra i tanti, l'esempio della Toscana dove si è passati da 10 a 3 Ato interprovinciali, già operativi, con risultati davvero notevoli in termini di tariffe e di ottimizzazione delle risorse umane e finanziarie.
In Sicilia ne basterebbero sei: uno per ciascuna grande provincia (Palermo, Catania e Messina) e tre interprovinciali per accorpare Siracusa con Ragusa, Caltanissetta con Enna, Agrigento con Trapani.
Chi o che cosa impedisce di fare una riforma del genere in Sicilia?
Bisogna agire e subito. Prima che arrivino le nuove tariffe che s'annunciano come vere stangate per i cittadini, soprattutto dei medi e dei piccoli comuni siciliani.
Penalizzati i cittadini dei piccoli e medi comuni
Ho sotto gli occhi le previsioni di spesa, per gli anni 2008 e 2009, che l'Ato Gesa Agrigento 2 ha comunicato al sindaco del mio paese, Joppolo Giacaxio, un borgo di 1200 abitanti, di cui il 60% pensionati al minimo, per il quale si calcola un costo medio annuo pro-capite di 363,92 euro, contro i 125, 38 della vicina Raffadali. Le malelingue dicono che Joppolo è penalizzato perché paese di residenza dell'on. Capodicasa, ex presidente della regione, mentre Raffadali è favorita per essere il paese del suo successore, on. Cuffaro. Chiacchiere da bar, naturalmente. Anche se resta lo sconcerto, l'incredulità direi, per una stima dei costi così elevata che se non dovesse essere corretta potrebbe comportare un aumento per tre o per quattro degli importi delle nuove bollette.
Il caso qui citato non è l'unico, ma uno dei tanti provocati da un sistema perverso che genera disservizi e odiose differenze di costi fra comuni dello stesso "ambito".
Insomma, per Joppolo il passaggio all'Ato non è stato, certo, un ottimo affare poiché ha comportato un incremento vertiginoso della spesa comunale: da circa 60.000 euro del 2003 agli attuali (preventivati) 451.000 euro. Ossia 7,5 volte in più in cinque anni. Assolutamente incomprensibile, visto che nel quinquennio è calata la produzione dei rifiuti perché è calata la popolazione a causa dell'emigrazione e del saldo demografico negativo.
Viene da chiedersi: se questo è "l'ottimo" cosa sarà il pessimo?
Agostino Spataro
La Repubblica" del 14 gennaio 2009
Aprile on line 15 gennaio 2009

sabato 10 gennaio 2009

Veltroni vede l'incubo scissione

ROMA - Assediato dai "cacicchi", con il partito commissariato in molte zone d'Italia (l'arrivo di Vannino Chiti a Firenze per vigilare sulle primarie è più di una semplice supervisione), Veltroni si è dato una scadenza per sé e anche per il futuro del Pd: le elezioni europee e le amministrative di giugno. "Adesso impegniamoci tutti insieme, poi si vedrà", ha detto durante la riunione del governo ombra, giovedì. E a molti dei presenti è sembrato liberarsi di un peso mentre pronunciava queste parole. Ma in quali condizioni arriverà il Partito democratico a quegli appuntamenti, la leadership veltroniana reggerà ancora cinque mesi, lo spettro di una scissione può materializzarsi prima? Se lo chiedono quasi tutti i dirigenti del Pd. Dario Franceschini, il vicesegretario, su mandato del leader ha cominciato un giro d'orizzonte fatto di incontri riservati, di contatti, di attività diplomatica alla ricerca di una tregua. Franceschini ne ha già parlato con Massimo D'Alema nei giorni scorsi, ha visto Franco Marini, ha sentito Piero Fassino. Parola d'ordine: non farsi del male fino alle Europee, anche perché al Nazareno circolano sondaggi pessimi che collocano il partito intorno al 25 per cento, ben al di sotto della soglia di di sopravvivenza del 27 per cento. In ballo non c'è più solo il posto di Veltroni ma l'intero progetto. Gli ex popolari sono preoccupati per l'offensiva dei rutelliani e di Francesco Rutelli in persona. I suoi messaggi verso il centro di Pier Ferdinando Casini, il suo disagio all'interno del Pd "che somiglia troppo al Pci" colpisce soprattutto loro, l'anima cattolica del partito. "Perché il messaggio di Rutelli arriva a una fetta del nostro elettorato", dice sconsolato il braccio destro di Franceschini, Antonello Giacomelli. E l'altro collaboratore del vicesegretario, Francesco Saverio Garofani, si spinge oltre: "Se il segretario dell'Udc, dico il segretario, soffia sulla scissione di un altro partito e invita i rutelliani nella Costituente di centro, vuol dire che qualcosa si può concretizzare davvero". Ossia che una scissione non poi un'idea peregrina.
Le divisioni quindi sono trasversali anche ai vecchi partiti, Ds e Margherita. Quelli sono contenitori pronti ad accogliere un eventuale ritorno al passato e le polemiche sui soldi sono soprattutto dettate dalle difficoltà politiche. È chiaro che due forze sedute su una montagna di soldi (come sono appunto la Quercia e Dl) hanno la possibilità di ricominciare daccapo la loro attività. La direzione del 19 dicembre aveva segnato una tregua, ma era stata punteggiata di interventi all'insegna della nostalgia per le antiche sigle. Dei diessini e della Margherita (lo stesso Rutelli aveva ricordato come il Pd avesse perso ben un terzo dei voti di Dl). Ma dopo quella data ci sono state le crisi di Pescara (con il ritiro delle dimissioni di D'Alfonso), le dichiarazioni del governatore del Trentino Lorenzo Dellai, le dimissioni di Nicolais a Napoli e l'incredibile episodio della riunione registrata dal sindaco Rosa Russo Jervolino. Un ritorno ai "giocarelli", ai vecchi partiti, era stato dipinto tre settimane fa da Veltroni "come un suicidio collettivo" con tanto di citazione del reverendo James e della sua setta del Tempio di Dio. Ma adesso Veltroni sembra aver messo nel conto anche il sacrificio di massa e chiede al partito di evitare bagni sangue almeno fino alle Europee. Che significa anche interrompere il risiko della leadership, che vede ora in campo Renato Soru, il governatore della Sardegna, e altri fra i quali il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti che dice: "Per il momento do il mio contributo, poi si vedrà". Ma leadership di cosa? Ancora del Partito democratico? È questa la vera domanda.
di GOFFREDO DE MARCHIS
Repubblica on line 10/01/09

MEMORIALE DI UN RICERCATORE

DESCRIZIONE DELL’ATTIVITÀ SVOLTA DURANTE IL CORSO DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE FARMACEUTICHE DAL DOTT. EMANUELE PATANE'.
Scarica il memoriale:
Emanuele Patanè lavorava presso il dipartimento di Farmacia dell'Università di Catania. E' uno dei tanti morti di quel dipartimento.

giovedì 8 gennaio 2009

"Così i mafiosi recuperano tutti i loro beni sequestrati"

PALERMO - I boss di Cosa nostra puntano adesso ad aggirare le aste giudiziarie per recuperare i beni travolti dal fallimento delle loro società tartassate dalle indagini. Così, Salvatore Lo Cricchio, facoltoso esattore del pizzo legato al clan di Resuttana-San Lorenzo, era ritornato in possesso di un grande appezzamento di terreno a Partinico: chi se l'era aggiudicato nel 1993 all'asta giudiziaria era un insospettabile imprenditore, in realtà imparentato alla lontana proprio con i mafiosi di Resuttana, i Di Trapani. Nel 2002, l'imprenditore ha venduto il terreno al figlio di Lo Cricchio (ufficialmente nullatenente e residente ancora a casa della madre), naturalmente per una cifra simbolica. L'ultima indagine del centro operativo Dia di Palermo, che ha portato al sequestro di beni per 2 milioni e mezzo di euro, svela le nuove strategie dei boss per salvare i propri patrimoni. Lo Cricchio si era affidato anche a un insospettabile prestanome in Umbria, Paolo Faraone, per mettere al riparo dalle indagini due attività in cui avrebbe investito i suoi soldi e quelli del clan di Resuttana: il supermercato "Fuori orario market", a Terni, e il ristorante "La vecchia fattoria", nella vicina Narni. Sono stati sequestrati assieme a una palazzina, due magazzini e un box, anche questi in provincia di Terni. Fra Palermo e Partinico, a Lo Cricchio sono stati invece sottratti tre terreni e un appartamento. Così ha deciso la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo. E adesso, il prestanome di Terni, un palermitano trapiantato da anni in Umbria, risulta indagato. Non ci sarebbe stato soltanto lui al servizio dei boss. "Lo Cricchio - dice la Dia - si è avvalso della collaborazione di soggetti esterni a Cosa nostra, in possesso di conoscenze qualificate". L'operazione della Direzione investigativa antimafia, che è stata coordinata dai pm Ingroia, Gozzo, Paci e Scaletta, riapre il dibattito sull'uso dei beni confiscati. Tonino Russo, parlamentare del Pd, denuncia: "Non si riesce a capire perché il governo abbia deciso di smontare un pilastro portante della lotta alla mafia destinando i soldi dei beni confiscati, un miliardo di euro, alle spese correnti. È sempre un fatto importante - ribadisce Russo, che è anche vicesegretario del Pd siciliano - quando lo Stato dimostra di saper restituire il maAncora la Dia ha sequestrato beni per 500mila euro a Leonardo Baucina, boss di Partinico, la cittadina del palermitano attraversata da una faida che ha fatto già diversi omicidi negli ultimi mesi. ltolto al territorio che ne era stato illecitamente depredato".
La Repubblica on line 04 gennaio

THE INVISIBLE MAN



Nella foto che vi mostriamo, la freccia indica un ginocchio: è tutto ciò che rimane di Claudio Fava nell’articolo pubblicato dal quotidiano La Sicilia sulla serata in memoria del padre Pippo, ammazzato dalla mafia 25 anni fa. Fava, per conto della Fondazione Fava, aveva animato la discussione, intervistato gli ospiti, premiato Carlo Lucarelli: di tutto questo nell’articoletto non troverete traccia. Nemmeno nella foto, chirurgicamente tagliata ad altezza di rotula per evitare che si dovesse dar conto della presenza in vita del figlio di Giuseppe Fava.
Non è la prima volta che il giornale di Ciancio censura grossolanamente un evento pubblico che vede, tra i protagonisti, Claudio Fava. E’ la prima volta che questa indecenza si consuma perfino nel giorno in cui si ricorda il padre, ammazzato dalla mafia. Ciò che stupisce è il senso di organizzata obbedienza che Ciancio è riuscito a far crescere attorno a sé, la catena di comando che ormai si è consolidata per questi atti di censura: c’è un fotografo che accetta di farsi tagliuzzare una foto, c’è un cronista (Sergio Sciacca) che firma l’articolo in cui si tace la presenza del figlio della vittima, ci sarà stato un capocronista che ha impaginato e fatto il titolo, un caporedattore che ha dato l’ok alla pagina…. Proprio come accadde in Italia dopo le leggi razziali del ’38, quando si trovarono subito decine di imbecilli felici di far sapere che i loro erano “negozi ariani”, così accade che intorno a questa prassi d’omertà mafiosa l’editore Ciancio trovi ormai molti giornalisti disponibili, felici di obbedire, felici d’appendersi al collo anche loro un invisibile cartello su cui sta scritto: “Questo è un giornalista censurato”.
E qui arriva la nostra domanda: c’è ancora in questo paese qualcuno capace di farsi carico di questa indecenza e di viverla non come un “fatto personale” tra Fava e Ciancio ma come un’offesa al giornalismo e un’ingiuria alla lotta alla mafia? C’è qualcuno che abbia il coraggio di denunciarla per ciò che è, ovvero un atto di censura mafiosa? C’è un ordine dei giornalisti a Roma che sia capace di ritirare il tesserino di al sunnominato cronista e al suo direttore? C’è un giudice a Catania che abbia voglia di chiedersi quale sia la gravità (civile? Penale? Amministrativa?) di un atto di intimidazione giornalistica che si consuma da anni sopprimendo, in foto e sugli articoli, una persona non gradita all’editore? Molte domande. Una sola certezza, e Ciancio se ne faccia una ragione: non ci sarà intimidazione, non ci sarà censura, non ci sarà atto di teppismo giornalistico che ci toglierà il vizio di dire la verità.
By Itaca news
7 gennaio 2009

INVISIBLES

Il film sarà proiettato al "Piscator" di Catania, Via Sassari 116, alle ore 20.30 di mercoledì 14 gennaio 2009, con ingresso gratuito.
(clicca sull'immagine della locandina per vederla ingrandita)


mercoledì 7 gennaio 2009

Omaggio a Fabrizio de Andrè dieci anni dopo

La Cig si impenna, Sacconi minimizza

Boom della cassa integrazione, la crescita che si registra da alcuni mesi - chiara indicazione dell'entità della ripercussione della crisi sul mondo del lavoro - è ormai un'impennata. Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, nel corso della registrazione di "Porta a porta", ha fornito i dati: a dicembre, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, i trattamenti complessivi di integrazione del reddito nell'industria e nell'edilizia hanno registrato un'impennata pari al 110,28 per cento (+129,66 per cento nel solo settore industriale), con una crescita boom della Cig ordinaria che ha segnato addirittura un +525 per cento. E' invece diminuito il ricorso alla Cassa integrazione straordinaria, con una flessione pari all'11,61 per cento. "Questi dati - ha commentato Sacconi - ci dicono che le imprese non stanno fuggendo dalle loro responsabilità licenziando e ristrutturandosi. Ci dicono solo che stanno affrontando un periodo di difficoltà".
La lettura di Sacconi deriva dalla diversità degli strumenti. La Cassa integrazione ordinaria (che fa capo all'Inps) si applica in caso di crisi (nei settori edile, industriale e agricolo) a carattere transitorio. A quella straordinaria - che è finanziata da un fondo specifico - possono accedere in caso di "crisi, ristrutturazione, riorganizzazione, conversione produttiva, privatizzazioni, fallimento" le aziende industriali con più di quindici dipendenti, quelle commerciali con più di cinquanta e le imprese editoriali. Se la cig ordinaria cresce e quella straordinaria scende, è il ragionamento di Sacconi, significa che le difficoltà sono perlopiù passeggere.
Il dato cumulato del 2008, tuttavia, indica una crescita dell'uso della Cig pari al 24,56 per cento (nella sola industria +27,04 per cento) rispetto a 2007. Tra gennaio e dicembre le ore complessive di Cig sono state oltre 223 milioni. Sul dato critico di dicembre (in particolare quello relativo alla Cassa integrazione ordinaria) ha inciso soprattutto la crisi del settore meccanico, in primis il crollo che ha investito il comparto automobilistico (e la Fiat). Su 17 milioni e 700 mila ore di Cig ordinaria, infatti, ben 11 milioni e 200 mila sono imputabili solamente al settore meccanico. In ogni caso, ha insistito Sacconi, "negli ultimi 28 anni il ricorso alla Cig è diminuito. Dal 1980 al 2008, un ricorso maggiore alla Cig si è verificato solo nel 1997, 1998, 1999, 2000 e 2001". Ma su tempi così lunghi il dato assoluto dice poco, andrebbe verificato l'utilizzo della Cig rispetto al numero delle aziende che ne hanno diritto. Se la grande impresa e il contratto di lavoro a tempo indeterminato si ridimensionano, è ovvio che anche la cassa integrazione tende a scendere.
All'ottimismo di Sacconi ha replicato ribadendo l'allarme il suo predecessore al ministero del Lavoro, Cesare Damiano: "Da tempo sosteniamo che per fronteggiare questa crisi occorre agire su tre fattori: reddito, ammortizzatori sociali e impresa. Il governo ha già fatto tanto per banche e imprese, mentre sono mancati interventi sui redditi medio - bassi e sugli ammortizzatori sociali". In particolare, ha sottolineato Damiano, occorre agire "su chi un lavoro stabile non ce l'ha e non può godere del sistema di sussidi tradizionali, come la cassa integrazione. Per creare un sistema di ammortizzatori sociali anche per i lavoratori precari servono 2 miliardi su base annua, che corrispondono a meno di un punto di Pil". In questo senso, le prime mosse che il governo ha messo in campo a inizio legislatura non sono state molto lungimiranti: "Hanno buttato 3 miliardi per togliere l'Ici a chi non avrebbe avuto nessun problema a pagarlo, sottraendo così risorse da redistribuire. Sacconi ha avuto la pensata di detassare gli straordinari e Brunetta quella di non rinnovare il contratto ai precari del pubblico impiego. Il risultato? Che un padre lavora più ore al giorno per mantenere il figlio disoccupato".
Nel frattempo, la Fiat ha annunciato ai sindacati che nelle prime due settimane di febbraio scatterà la cassa integrazione per circa 2000 persone, per lo più impiegati. Il provvedimento interesserà circa 1200 dipendenti degli Enti centrali di Torino Mirafiori, Volvera e Orbassano. Altre 800 persone interessate dalla cig sono addetti della Powertrain di Torino Mirafiori e Torino Stura. Tanto basta a destare la preoccupazione del segretario della Fiom torinese, Giorgio Airaudo: "La cassa integrazione si estende anche ai colletti bianchi e questo conferma che la crisi è ben lungi dall'essere conclusa e sotto controllo". Airaudo ha osservato: "Occorre conoscere su quali prodotti si sta lavorando per rilanciare la Fiat e capire in che relazione sia la cassa integrazione degli impiegati con il proposito di nuove alleanze. In una situazione europea frammentata, dove ogni Paese fa la propria strategia auto, è urgente l'intervento del governo a tutela del patrimonio italiano dell'autoveicolo. L'auto si può salvaguardare puntando su innovazione e mobilità sostenibile".

martedì 6 gennaio 2009

"Un patto tra Cosa nostra e la politica


PALERMO - Cosa Nostra di Bernardo Binnu Provenzano è "lobby o partito?". S'intitola così, nella motivazione della sentenza che spiega le condanne a 430 anni di carcere di 40 boss, il capitolo più delicato dedicato ai rapporti fra il vertice della mafia siciliana e la politica. Il giudice dell'udienza preliminare Piergiorgio Morosini - che ha depositato ieri le 1000 pagine della motivazione - lascia aperto questo interrogativo. Perché la mafia può essere l'uno o l'altro, lobby o partito, a seconda dei tempi. Quel che è certo, scrive il gup, è che i capimandamento di Cosa Nostra "fin dal 2005 iniziano a tessere la trama" per le future elezioni del 2006. "Vogliono essere pronti per il momento cruciale in cui si giocherà la partita. Pretendono posti nel consiglio comunale e in quello provinciale. Scelgono i candidati per le elezioni ormai prossime e si attivano per affiancarli a uomini influenti dello schieramento del Polo delle Libertà. In particolare di Forza Italia e dell'Udc".

Il gup Piergiorgio Morosini traccia la storia di quei "reticoli politico-clientelari e reticoli del potere mafioso" partendo dalla seconda metà degli anni Ottanta, quando, "crescendo la disillusione nei confronti della Dc, Cosa Nostra cerca un nuovo veicolo politico per i suoi interessi". Alle elezioni politiche del 1987 "delle avance furono fatte al Psi", ma è dopo le condanne del '92 al primo maxiprocesso - scartato il progetto di creare il movimento separatista "Sicilia libera" - che il boss Bernardo Provenzano "punta all'immersione" e "suggerisce di cercare rapporti e offrire sostegno a nuove forze politiche nazionali che stanno nascendo sulle rovine del vecchio sistema dei partiti". Provenzano, va detto, è diffidente nei confronti dei politici che definisce ora "truffaldini", ora "sprovveduti". Ma sempre "calcolatori".

E allora il leader corleonese arrestato a Montagna dei Cavalli decide di "creare una "cordata riservata" che studi il modo di interagire con la politica". A partire dagli anni Novanta, nella "cordata Provenzano" entra a far parte "un gruppo ristretto di consiglieri e di persone lungimiranti chiamato a raccolta dall'anziano boss per le questioni più delicate". "Quel trust di cervelli - scrive il gup - deve aiutarlo a tessere la trama per recuperare consenso e intrecciare nuovi legami dopo le stragi del '92 e '93". Di questo gruppo fa parte "pure l'onorevole regionale Giovanni Mercadante, eletto nel 2001 nelle liste di Forza Italia". Ma è il 2006 l'anno che vede Cosa Nostra "in stato di fibrillazione: cambiano Camera e Senato, si rinnova l'Assemblea regionale, i consigli comunali. "Gli uomini di Provenzano - annota il giudice Morosini - sono in stato di allerta. Il gotha mafioso è chiamato a scelte importanti che lasceranno il "segno" per gli anni venturi". L'Italia bipolare, osserva il gup, "probabilmente è a un bivio. Ma in Sicilia il Polo delle Libertà è ancora forte di quel 61 a zero del 2001, con una componente Udc che, oltre ad esprimere il presidente della Regione, costituisce quasi un terzo dell'elettorato nazionale di quel partito". "La decisione sulla coalizione da votare sembra scontata, c'è una netta preferenza per il Polo della libertà". Provenzano, il reggente di Cosa Nostra dopo l'arresto di Totò Riina, sceglie di "internalizzare la rappresentanza politica, ossia mobilitare il proprio peso elettorale in favore di membri interni alla associazione da presentare come candidati, appoggiando persone legate da stretti vincoli di amicizia o parentela al capo o ai capi delle cosche". Ma a svelare la nuova strategia politica di Cosa Nostra, il nuovo schema di "internalizzazione" che si ripete anche in altri casi, è il rapporto fra "i Mandalà" e Francesco Campanella. Quest'ultimo è considerato dal gup "uomo ponte" fra le cosche e il mondo politico. "Al suo matrimonio sono suoi testimoni il leader dell'Udeur Clemente Mastella e l'onorevole Salvatore Cuffaro". Nel 2000 è segretario nazionale dei giovani Udeur, quindi resta consulente del sindaco di Villabate, Lorenzo Carandino, di Fi, che lo stesso Campanella indica alle cosche come candidato ideale a primo cittadino. Furono quei due politici, utilizzando di notte gli uffici anagrafici comunali, a confezionare il documento d'identità falso utilizzato da Provenzano per recarsi a Marsiglia a farsi operare. "Non collateralismo, dunque, ma leadership, è questo l'orientamento prevalente di Cosa Nostra". "Internalizzare la rappresentanza - spiega ancora il gup - significa essere più forti nella costituzione di lobby politico-mafiose da utilizzare in posizioni chiave della vita economica, politica e istituzionale". Il quartier generale politico di Cosa Nostra è ricavato in un box di lamiera che, però, la polizia ha imbottito di microspie. Rinchiusi là dentro, è Antonino Cinà a parlare con Nino Rotolo "del deputato regionale Giovanni Mercadante: in cambio dell'appoggio elettorale per il rinnovo dell'Assemblea regionale, Mercadante dovrà sostenere al consiglio comunale di Palermo il prescelto dei boss, Marcello Parisi, nipote dell'associato mafioso Angelo Rosario Parisi". E Mercadante si dà subito da fare, promettendo di "attivarsi con l'onorevole Francesco Musotto, presidente della Provincia di Palermo, proveniente da Fi, nella sponsorizzazione del candidato del Corleonesi" al palazzo delle Aquile.


Tratto da Repubblica on Line

Torni il movimento per la pace


Appello dei senatori del Pd Nerozzi e Vita: E' urgente un ‘cessate il fuoco', per preparare - dopo l'augurabile tregua- una Conferenza internazionale di pace, con un ruolo di spicco dell'Onu e dell'Europa. E' urgente che si dispieghi nuovamente un vasto movimento pacifista, più che mai essenziale. Come è importante che le opposizioni trovino sulla pace in Medio Oriente un'occasione per riprendere compattezza e linguaggi comuni


Si faccia tutto il possibile per fermare il conflitto a Gaza, ormai diventato un massacro. E' indispensabile che si riapra il dialogo, evitando che un doppio fondamentalismo metta in discussione definitivamente la convivenza tra israeliani e palestinesi, incrinata sempre più dal tragico estremismo di Hamas cui fa gioco l'attuale politica della destra israeliana. Non è interessante, in queste ore orrende per tutte le coscienze civili e democratiche, mettersi a discettare sui rispettivi livelli di colpa. Del resto, perché possa essere effettivamente perseguito, il dialogo non può che comprendere tutti, senza escludere nessuno.
Così il governo Prodi affrontò la crisi del Libano, mentre l'attuale maggioranza sembra essere praticamente assente, oltre che ininfluente. Bene ha fatto Veltroni a criticare l'inadeguatezza del ministro degli Esteri, la cui inerzia (salvo qualche telefonata, che nell'epoca dei cellulari è un po' poco) sta portando l'Italia all'isolamento nel contesto internazionale. E' urgente un ‘cessate il fuoco', per preparare - dopo l'augurabile tregua- una Conferenza internazionale di pace, con un ruolo di spicco dell'Onu e dell'Europa. E' urgente che si dispieghi nuovamente un vasto movimento pacifista, più che mai essenziale. Come è importante che le opposizioni trovino sulla pace in Medio Oriente un' occasione per riprendere compattezza e linguaggi comuni.
Attenzione. Non è lo storia di sempre. Ora, nella enorme caduta delle economie, nel passaggio dei poteri negli Stati Uniti, nella crisi degli organismi multilaterali, nella recrudescenza dei fondamentalismi, il pericolo di un'onda lunga di conflitti è molto serio. E serve davvero una grande politica estera, autorevole e riformista, sorretta da una rinnovata cultura della pace e dell'integrazione.


Da Aprile on line

Paolo Nerozzi, Vincenzo Vita, 05 gennaio 2009

domenica 4 gennaio 2009

Mpa-Pd: solito inciucio o nuova intesa?

Il governatore Raffaele Lombardo, paralizzato dallo scontro di potere interno alla sua maggioranza di centro-destra, cerca nell'opposizione (Pd) un puntello alle sue manovre. Con qualche risultato.Negli ultimi giorni, all'Assemblea regionale siciliana si è verificata, nel segreto dell'urna, una sorprendente e ripetuta convergenza di voto fra centro-destra e il Pd, unico gruppo d'opposizione. Sono stati varati così, in Aula o in commissione, provvedimenti importanti, alcuni molto discutibili, che il governo Lombardo non riusciva a far approvare alla sua ampia e recalcitrante maggioranza. D'altra parte, non è un mistero per nessuno che i rapporti fra il governatore e i due principali partiti della sua coalizione (Udc e Pdl) sono freddini o, se si preferisce, roventi. Sulla temperatura si può discettare, ma non sul fatto che oggi, dopo queste votazioni anomale, Lombardo è ai ferri corti con i suoi alleati. Anche se, all'indomani dell'insperata unanimità, si è precipitato a proclamare la ritrovata unità, l'armonia della coalizione.
Dunque, tutto procede nel migliore dei modi? Pare proprio di no. Visto che mentre Mpa e Pd esultano, Pdl e Udc mugugnano e minacciano. In realtà, si è creata una situazione politica a dir poco surreale nella quale la maggioranza, o gran parte di essa, per salvare l'immagine "unitaria", ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco e votare, talvolta all'unanimità, con il gruppo del Pd. Ossia il "quarto incomodo", in questo gioco poco chiaro che comincia a farsi pesante.
Appare evidente che Lombardo, per superare gli ostacoli frapposti dagli alleati al suo cammino "riformatore", ha dispiegato una manovra d'aggiramento a vasto raggio, spostando il confronto da Palazzo d'Orleans a Sala d'Ercole dove i numeri sembrano a lui più favorevoli. Qui, infatti, grazie ad una legge elettorale approvata ad hoc ed ora estesa agli enti locali, si materializza una delle più vistose anomalie della politica siciliana: una maggioranza pluralista e un'opposizione unica, monocolore.E così, per perseguire mire e disegni ancora ignoti al pubblico, si è rivitalizzato il ruolo di questa Assemblea, fino a ieri frustrata e inconcludente, che oggi vive il suo momento di gloria battendo tutti i precedenti (fiacchi) record di produttività.
Comunque si giri la frittata un dato è certo: di fatto, la maggioranza di centro-destra è in crisi e al suo posto se n'è raccolta un'altra, trasversale o meglio sarebbe dire occasionale visto che, almeno ufficialmente, non c'è stata un'intesa programmatica o politica che la possa giustificare.Insomma, una maggioranza "a geometria variabile"- come dice Lombardo- allargata cioè al voto, talvolta decisivo tal'altra superfluo, del gruppo del Pd.
Su tali fatti bisogna riflettere a mente fredda per valutare le conseguenze e, soprattutto, i possibili sbocchi politici. Giacché il quadro politico non può perdurare confuso così come si è configurato in questi giorni all'Ars.Soprattutto Lombardo fermo non può restare e nemmeno pensare di cavarsela con acrobazie verbali o con generici appelli agli "uomini di buona volontà".Potrà tergiversare per qualche settimana o mese, ma prima poi sarà obbligato a fare un passo. Un passo solo: o in avanti verso un nuovo equilibrio politico e di governo col Pd o all'indietro verso un pieno recupero dei rapporti con Pdl e Udc che non sembrano disposti a lasciarlo correre libero, come un cavallo indomito, nella vasta prateria della politica siciliana e nazionale.Insomma, il governatore si trova nell'angustia di dover saltare un abisso che, improvvisamente, gli si è aperto davanti e lo potrà fare con un balzo solo, poiché con due vi sprofonderebbe dentro, sfracellandosi.
Anche il Pd non potrà mantenere a lungo questa posizione di oggettivo supporto in un gioco di potere estraneo agli interessi e ai valori che tale partito dovrebbe rappresentare, anche in Sicilia. Innanzitutto, è necessario chiarire all'opinione pubblica, all'elettorato cosa sta accadendo, o è accaduto, in questi giorni all'Ars. Il solito inciucio assembleare o sono state gettate le premesse per una nuova maggioranza? O si pensa di andare avanti alla giornata, senza una dichiarata intesa politica?Senza sciogliere tali interrogativi, si rafforzerebbe l'impressione che il governatore voglia usare, senza pagare dazio, la forza numerica del Pd come clava da blandire contro i recalcitranti partiti alleati (Udc e Pdl). Ovviamente, è nell'interesse del Pd smentire, coi fatti, questa impressione che rischia di accreditarsi nell'opinione pubblica siciliana e non solo.
Chiarezza, dunque, e responsabilità da parte di tutti. La Sicilia, dopo le tante deludenti esperienze del passato anche recente, non può permettersi un nuovo inciucio. Specie in questa fase critica che si apre a scenari davvero inquietanti. Certo, le emergenze possono anche provocare scelte inedite, frantumare gli schemi fra maggioranza e opposizione. Ma siamo a questo?Bisognerebbe dirlo, apertamente e quindi pensare ad una nuova maggioranza politica che può essere conseguita per due vie: o ricorrendo al giudizio degli elettori, come sarebbe più corretto, o ad una grande intesa programmatica fra tutte le forze disponibili per il bene della Sicilia.Una terza via, quella delle convergenze ambigue e occasionali, potrebbe solo favorire disegni di potere all'interno del centro-destra e quindi rivelarsi una trappola mortale per il Pd e, in generale, per le forze che desiderano il cambiamento.
Agostino Spataro
Aprile on line

A proposito di Raffaele

Profilo trovato tramite google:

Laureato in medicina e chirurgia, partecipa alla fine degli anni settanta alla gioventù DC catanese e con la Dc farà carriera all’ombra di Calogero Mannino. Consigliere ed Assessore al Comune di Catania, diventa nel 1986 deputato alla Regione Siciliana e, rieletto nel 1991, diviene assessore regionale agli Enti Locali. Ebbe delle vicissitudini nell’epoca di Tangentopoli, iniziate nel 1992 con un arresto per abuso d’ufficio, e dopo essere stato condannato in primo grado, assolto in appello dallo scandalo giudiziario. Nel 1994 fu coinvolto, e ancora arrestato per corruzione, per lo scandalo dell’appalto dei pasti all’ospedale di Catania, dell’azienda dell’ex presidente dell’Inter Ernesto Pellegrini. Sospeso dalla carica di deputato ai sensi della legge 55/1990 e successive modifiche, dal 22 luglio al 29 settembre 1994.Nel dicembre 1994 lascia anticipatamente l’Assemblea regionale. Alla fine Pellegrini patteggia ammettendo di avere versato 5 miliardi ad alcuni politici, tra cui Lombardo, ma per i giudici alla fine furono solo un regalo, e il reato derubricato a finanziamento illecito ai partiti, e quindi prescritto.Lombardo allora torna in politica e diventa europarlamentare nel 1999 nel Centro Cristiano Democratico, vicesindaco di Catania nel 2000 ed eletto presidente della provincia di Catania nel 2003. Nel 2004 viene riconfermato europarlamentare, dopo le dimissioni di Salvatore Cuffaro, nell’UDC, partito del quale è segretario regionale fino al 2005.

La questione morale

Ho deciso di inserire questo brano della famosa intervista di Enrico Berlinguer, perchè il suo pensiero sulla degenerazione dei partiti e della democrazia oggi è molto più attuale di allora.


Intervista a Enrico Berlinguer

«I partiti sono diventati macchine di potere»

«I partiti non fanno più politica», dice Enrico Berlinguer.
«I partiti hanno degenerato e questa è l'origine dei malanni d'Italia».

Eugenio Scalfari
* * *
Repubblica, 28 luglio 1981

La passione è finita?
Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. Per la DC: Bisaglia in Veneto, Gava in Campania, Lattanzio in Puglia, Andreotti nel Lazio, De Mita ad Avellino, Gaspari in Abruzzo, Forlani nelle Marche e così via. Ma per i socialisti, più o meno, è lo stesso e per i socialdemocratici peggio ancora...

Lei mi ha detto poco fa che la degenerazione dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana.


È quello che io penso.

Per quale motivo?

I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c'è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.

Lei fa un quadro della realtà italiana da far accapponare la pelle.
E secondo lei non corrisponde alla situazione?

Debbo riconoscere, signor Segretario, che in gran parte è un quadro realistico. Ma vorrei chiederle: se gli italiani sopportano questo stato di cose è segno che lo accettano o che non se ne accorgono. Altrimenti voi avreste conquistato la guida del paese da un pezzo.
La domanda è complessa. Mi consentirà di risponderle ordinatamente. Anzitutto: molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo o di parte. È un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel '74 per il divorzio, sia, ancor di più, nell'81 per l'aborto, gli italiani hanno fornito l'immagine di un paese liberissimo e moderno, hanno dato un voto di progresso. Al nord come al sud, nelle città come nelle campagne, nei quartieri borghesi come in quelli operai e proletari. Nelle elezioni politiche e amministrative il quadro cambia, anche a distanza di poche settimane.

Gaza: è in gioco l'etica del genere umano


di Václav Havel, Hasan bin Talal, Hans Küng, Yohei Sasakawa, Desmand Tutu, Karel Schwarzenberg


Perdere tempo è sempre deplorevole. Ma il tempo perso in Medio Oriente è anche fonte di pericolo. È trascorso un altro anno senza alcun consistente progresso per superare le divisioni tra palestinesi e israeliani.Le incursioni aeree in atto su Gaza, così come i continui lanci di razzi contro Askelon, Sderot e altre città del Sud di Israele stanno a dimostrare l´estrema gravità della situazione. L´impasse esistente tra Israele e la leadership palestinese di Gaza sulla questione della sicurezza ha condotto tra l´altro al blocco degli aiuti alimentari israeliani alla popolazione di Gaza, riducendo letteralmente alla fame un milione e mezzo di persone. Sembra che nelle sue trattative con i palestinesi di Gaza Israele sia tornato a impuntarsi sul primato della "hard security": un´impostazione che porta solo a precludere ogni altra opportunità di segno non violento, ogni soluzione creativa al contenzioso israelo-palestinese.Con l´inasprimento della loro posizione i politici israeliani restano legati alla prospettiva di ulteriori insediamenti israeliani in Cisgiordania. E molti palestinesi, messi in questo modo con le spalle al muro, incominciano a non vedere altra scelta, per tradurre in realtà le loro aspirazioni nazionali, al di fuori delle tattiche più radicali. Da qui il rischio di sempre nuove violenze. È quindi fondamentale, per i partner regionali di Israele come per gli attori internazionali, comprendere che i palestinesi non potranno comunque essere distolti dall´obiettivo strategico della conquista di uno Stato indipendente. Il popolo palestinese non abbandonerà mai la sua lotta nazionale.Ma israeliani e palestinesi devono rendersi conto che non conseguiranno mai i loro obiettivi a lungo termine con il solo uso della forza. È necessaria invece l´adozione di scelte accettabili per entrambe le parti in causa, volte ad evitare le esplosioni di violenza. E sebbene talora non si possa escludere l´uso della forza, solo la via del compromesso verso una soluzione integrata può produrre una pace stabile e duratura.Perché un processo di risoluzione di un conflitto possa avere esito positivo, è necessario che le energie generate dallo scontro siano canalizzate verso alternative costruttive e non violente. Questo dirottamento delle energie conflittive è possibile in ogni fase del ciclo dell´escalation; ma quando non vi è stata, fin dai primi segnali di tensioni, un´azione preventiva per affrontare i problemi e costruire la pace, soprattutto allorquando il conflitto si intensifica e degenera nella violenza, è necessario ricorrere a un qualche tipo di intervento.Solo allora diventa possibile instaurare un processo di mediazione e conciliazione, avviare il negoziato, l´arbitrato e la collaborazione in vista della soluzione dei problemi. In definitiva, la ricostruzione e la riconciliazione sono le sole vie percorribili per giungere a una stabilità che comunque non può essere imposta.In tutto questo non c´è nulla di sorprendente. E tuttavia è il caso di chiedersi per quale motivo non vi sia stato un impegno più concertato e concentrato per trasformare la situazione a Gaza e in Palestina. Si è parlato di un protettorato internazionale, per proteggere i palestinesi sia dagli elementi più pericolosi al loro interno che dagli israeliani, e fors´anche gli israeliani da se stessi; ma questa proposta ha ricevuto scarsa considerazione.Ciò che preoccupa in particolare chi si impegna nella risoluzione delle crisi internazionali è l´assenza di un tentativo coordinato di costruire un accordo tra israeliani e palestinesi, in vista di una struttura basata su un approccio inclusivo, interdisciplinare e sistemico, in grado di spostare le variabili e di condurre a una pace che entrambi i popoli possano considerare giusta ed equa.Uno degli elementi chiave per una struttura di riconciliazione è la crescita economica. Come ha ripetutamente sottolineato la Banca Mondiale, esiste una stretta correlazione tra povertà e conflitti. Ecco perché una soluzione politica sostenibile tra palestinesi e israeliani non può prescindere dal superamento del deficit di dignità umana, del divario esistente tra una società prospera e una popolazione priva di tutto. Ma gli sforzi in questo senso sono stati finora frammentari, e quindi insufficienti a consentire la speranza reale di una vita migliore.È necessario che tra israeliani e palestinesi si stabilisca un dialogo costruttivo, al di là dell´enorme divario sociale che li divide; e allo stesso modo è imprescindibile il dialogo tra le autorità e la gente comune, gli abitanti di queste zone che vivono nella confusione su quanto si sta facendo in loro nome. È necessario ricostruire la fiducia per consentire alle parti in causa di individuare le vie per il superamento delle ostilità del passato. Solo l´avvio di un nuovo clima di fiducia pubblica permetterà di procedere a una diagnosi corretta dei problemi, per poterli affrontare efficacemente.Naturalmente, tutte le parti in causa devono comprendere l´esigenza di sicurezza degli israeliani; e allo stesso modo, le misure di costruzione della fiducia hanno bisogno del contributo di tutti. Ma più di ogni altra cosa c´è bisogno oggi di un chiaro messaggio ad indicare che non la violenza, ma il dialogo è la via maestra da seguire in questo periodo di grandi tensioni.Quello che è in gioco a Gaza è l´etica fondamentale del genere umano. Le sofferenze, l´arbitrio con cui si distruggono vite umane, la disperazione, la privazione della dignità umana in questa regione durano ormai da troppo tempo. I palestinesi di Gaza, e tutti coloro che in questa regione vivono nel degrado e privi di ogni speranza non possono aspettare l´entrata in azione di nuove amministrazioni o istituzioni internazionali. Se vogliamo evitare che la Fertile Crescent, la "Mezzaluna fertile" del Mediterraneo del Sud divenga sterile, dobbiamo svegliarci e trovare il coraggio morale e la visione politica per un salto qualitativo in Palestina.


Václav Havel è stato presidente della Repubblica Ceca; Sua Altezza Reale Principe Hasan bin Talal è presidente del´Arab Thought Forum (Forum per il Pensiero Arabo) e presidente emerito della Conferenza mondiale delle Religioni per la pace; Hans Küng è Presidente della Stiftung Weltethos (Fondazione per un´etica globale) e Professore Emerito di Teologia Ecumenica all´università di Tübingen; Yohei Sasakawa è presidente della Sasakawa Peace Fandation; Desmand Tutu è stato insignito del Premio Nobel per la pace; Karel Schwarzenberg è ministro degli esteri della Repubblica Ceca.

Copyright: Project Syndicate, 2008,

La Repubblica del 3 gennaio 2008