sabato 19 settembre 2009

Bersani in testa con il 56%


Primi risultati nella sfida a tre per la segreteria nazionale del Pd: hanno votato 19.459 iscritti e Pier Luigi Bersani è saldamente in testa con 10.774 preferenze (55.7% dei voti). Da Avellino, dove si è recato per incontrare i rappresentanti dei circoli che sostengono la sua mozione, il responsabile Economia del partito ha commentato i dati che lo danno avanti di 20 punti percentuali rispetto al segretario uscente. "Non ho mai creduto alla distinzione tra circoli, iscritti, simpatizzanti - ha detto Bersani - se siamo tutti qui è perché partecipiamo". In una dichiarazione successiva, Bersani ha aggiunto che "si tratta davvero un buon risultato che ci dice che nei circoli la nostra proposta viene compresa; è un risultato che incoraggia a continuare quello che abbiamo fatto fin qui, cioé nessuna polemica ma una proposta chiara per come rafforzare il nostro partito e renderlo più utile al Paese". Dario Franceschini, segretario uscente, si è fermato a 6.883 voti (35.6%): tra i due favoriti nella corsa alla guida del Pd c'è una differenza di quasi venti punti percentuali. Molto staccato il terzo contendente, il sen. Ignazio Marino, che ha ottenuto 1.675 preferenze. Filippo Penati, coordinatore nazionale della mozione Bersani, ha espresso "piena soddisfazione per dati resi noti oggi dalla Commissione nazionale del Pd per le primarie del 25 ottobre, che segnano un vantaggio di 20 punti percentuali di Bersani su Franceschini. Anche se si tratta di un dato parziale - ha sottolineato Penati - le percentuali confermano le nostre sensazioni positive che abbiamo quando giriamo l’Italia, incontrando i militanti e gli elettori del Pd". Da Penati è arrivato anche il ringraziamento per "i 25.000 elettori che hanno partecipato a questi primi congressi che si sono tenuti sul territorio, una partecipazione preziosa per la vita del partito"."L'impegno di coloro che con la loro partecipazione ai congressi di circolo stanno dando una prova di grande democrazia - ha concluso l'esponente del Pd - meritano rispetto da parte di tutti noi e bisogna evitare di rimettere in scena la contrapposizione tra elettori ed iscritti".L'on. Maurizio Migliavacca, coordinatore della Commissione nazionale, ha messo in evidenza che si tratta di risultati riferiti al 13% circa dei circoli e che sono attribuibili a 50.485 iscritti, rispetto al totale nazionale di 824.125 iscritti al Pd. Per la suddivisione territoriale dei circoli da cui sono emersi i dati, il campione statistico non è rappresentativo della distribuzione degli iscritti su scala nazionale. La prossima comunicazione dei risultati dei congressi di circolo sarà data mercoledì 23 settembre.

Congresso PD a Tremestieri Etneo

Domani presso il Centro Diurno di Tremestieri Etneo, si terrà il congresso del Partito Democratico. Questo blog invita i compagni e gli amici iscritti al partito a votare per Bersani e le liste che lo appoggiano.

domenica 13 settembre 2009

L'11 settembre dimenticato


Pietro Nenni fu preveggente. Nel suo diario, alla data 27 ottobre 1970, parlava del Cile e di Salvador Allende Gossens, eletto presidente della Repubblica il 5 settembre, poco più di un mese prima. "Il Partito socialista cileno e il neoeletto presidente della Repubblica Salvador Allende -scriveva- mi hanno invitato a partecipare l'1 novembre a Santiago alla cerimonia della investitura del neopresidente".Il leader storico del Psi era preoccupato e già vedeva foschi presagi all'orizzonte. "La miseria -notava- è tanta che si è temuto e di teme un golpe". E il colpo di Stato arrivò tre anni dopo, confermando l'allarme di Nenni. Avvenne l'11 settembre del 1973, un altro drammatico 11 settembre per la democrazia. Un giorno quasi dimenticato dopo l'11 settembre 2001, la data dell'attacco terroristico di Osama Bin Laden alle Torri gemelle di New Yorrk e al Pentagono.
Il golpe in Cile fu realizzato dalle forze armate guidate dal generale Augusto Pinochet Duarte, fu sostenuto dalla destra reazionaria e appoggiato dagli Stati Uniti d'America. Richard Nixon dichiarò subito guerra ad Allende. Il presidente Usa tenne una riunione di fuoco già il 15 settembre 1970 alla Casa Bianca con i suoi più stretti collaboratori e con Richard Helms, allora direttore della Cia. "Una possibilità su dieci -raccontò successivamente Helms- ma liberiamo il Cile da quel figlio di puttana! Vale la pena di provarci; noi non saremo impegnati direttamente; dieci milioni di dollari a disposizione e anche di più se necessario; impiego a tempo pieno -aggiunse Nixon- per i nostri agenti migliori. Una strategia: strozzare l'economia; 48 ore per pianificare l'azione". Li incitò: "Fate tutto il necessario per danneggiarlo e farlo cadere". Frasi confermate da successive commissioni d'inchiesta statunitensi, una disposta da Bill Cliton, successore di Nixon alla Casa Bianca.Da quel momento per il governo Allende cominciarono tre anni d'inferno, fino al sanguinoso pronunciamento militare dell'11 settembre 1973. Allende, marxista, sostenuto da una coalizione di socialisti, comunisti, radicali e cattolici di sinistra, era stato eletto con appena il 36,3% dei voti. Aveva un programma ambizioso di "socialismo nella libertà". Il programma di riforme era vasto e incisivo: la nazionalizzazione delle banche, la riforma agraria, l'espropriazione del capitale straniero proprietario delle miniere, in particolare quelle di rame, le più grandi del mondo. Il primo presidente socialista del Cile voleva nazionalizzare il rame ("Riprendiamoci le nostre miniere"), sino a quel momento controllato dalle multinazionali statunitensi (in particolare la Kennecotte e l'Anaconda). Gli americani avevano un doppio problema: uno politico e uno economico. Non volevano la perdita di "una colonia" in America latina e difesero gli interessi delle multinazionali statunitensi. Così strozzarono l'economia, provocando un crollo dei prezzi del rame, il taglio dei crediti da parte del Fondo monetario internazionale e la fuga dei capitali dal paese sud americano. Finanziarono la destra, la stampa conservatrice e gli scioperi contro il governo Allende, in particolare quello degli autotrasportatori, che paralizzò il paese (il Cile è uno stato lungo oltre 4 mila chilometri e largo al massimo 200). Alla vigilia del colpo di Stato di Pinochet il paese era piegato dalla crisi economica, dall'inflazione e dagli attacchi mortali dei terroristi di destra e di sinistra.
L'11 settembre 1973, 36 anni fa, scattò il putsch. Allende provò a mettersi in contatto con Pinochet. Il capo di stato maggiore della difesa al quale aveva dato piena fiducia non risposte. Il presidente commentò: "Avranno già arrestato Augusto". Invece il generale Pinochet aveva tradito il giuramento di fedeltà alla Costituzione e al governo ed era alla testa del golpe. Allende si trincerò con un gruppo di fedelissimi della polizia nel palazzo presidenziale della Moneda. La Moneda fu circondata dall'esercito e dai carri armati. Allende rifiutò di arrendersi. Lui medico, pacifista, fece uscire dal palazzo i suoi e continuò a sparare con il mitra che gli aveva regalato Fidel Castro. Dichiarò: "Restare qui a la Moneda ha un significato politico molto preciso. Sarebbe terribile se, dopo tutto quelle che è successo, il presidente del Cile finisse per scappare come un topo". Per il suo medico personale si suicidò, per altri morì sotto le bombe lanciate contro la Moneda dagli aerei ribelli dell'aeronautica militare cilena. Morì a 65 anni di età.
Quell'11 settembre del 1973 l'addetto navale dell'ambasciata americana in Cile, membro della marina Usa, si affrettò ad informare il Pentagono: "Il nostro D-day è stato pressoché perfetto".Il potere fu assunto da una giunta militare di governo presieduta da Pinochet. Seguirono lunghi e feroci anni di dittatura. Furono soppressi i partiti politici, i sindacati, il Parlamento, la libertà di stampa. I dissidenti furono uccisi, incarcerati, torturati o fatti sparire nel nulla. Due commissioni governative istituite all'inizio degli anni Novanta del secolo scorso, quando era tornata la democrazia, hanno ufficialmente documentato 3.197 casi di vittime di "sparizioni". La dittatura, secondo alcune fonti, ha provocato ben 60 mila vittime.
Socialisti e comunisti italiani furono traumatizzati dal golpe. Quando Ricardo Lagos, socialista e già stretto collaboratore di Allende, s'insedio come presidente della Repubblica l'11 marzo del 2000, centinaia di giornalisti si riversarono a Santiago da tutto il mondo. C'era anche un piccolo gruppo di cronisti italiani. "Esplodeva un grande entusiasmo. Lagos -racconta un inviato che era là in quell'occasione- fece sapere che voleva incontrare i giornalisti italiani. Ci fece andare in un palazzo alla periferia di Santiago e ci disse: ‘Voglio ringraziare gli italiani e, in particolare, i socialisti che ci hanno sostenuto durante la dittatura. Il compagno Craxi ci aiutò e ci diede i fondi per comprare questo palazzo nel quale riprendemmo l'attività politica'". In quegli stessi anni il Psi sostenne anche tutti gli altri partiti socialisti sotto il tallone delle dittature di destra (spagnoli, portoghesi e greci) e i dissidenti nell'Unione sovietica e nei paesi dell'est europeo dominati dai regimi comunisti.Enrico Berlinguer nel 1973, dopo il colpo di Stato in Cile, propose la politica del compromesso storico in Italia tra le grandi forze popolari. Il segretario del Pci, con tre articoli su ‘Rinascita', propose il compromesso storico perché "con il 51% dei voti non si può governare".
Ora in Cile governa Michelle Bachelet, socialista, prima donna presidente della Repubblica. Anche lei è medico come Allende e come Ernesto Guevara, detto El Che. C'è quasi uno spirito missionario. Michelle Bachelet ha pagato un alto prezzo alla lotta contro la dittatura: lei fu arrestata e torturata, il padre Alberto, generale dell'aviazione, pagò con la vita la lealtà ad Allende, il fidanzato Jame Lòpez, fu internato e finì "desaparecidos". La 34* presidentessa del Cile governa un paese vivace, democratico anche se alle prese con la recessione internazionale.Il viaggiatore che oggi va a Santiago trova una statua di Salvador Allende davanti alla Moneda: cammina sereno. E' il simbolo della democrazia che si è rimessa in moto. "Il Cile è un lungo sospiro d'amore", dice Pablo Neruda.

Aprile on line

Leo Sansone

Buon governo


venerdì 11 settembre 2009

Lettera agli iscritti del Partito Democratico

Cara iscritta, caro iscritto,in questi giorni il nostro congresso comincerà a vivere in tutti i circoli. È il primo congresso del Pd, un congresso davvero fondativo. Abbiamo tutti la responsabilità di costruire uno strumento utile all’Italia e agli interessi e ai valori che vogliamo rappresentare. Il compito dei candidati è quello di dire con chiarezza se ci sia qualcosa da correggere di ciò che abbiamo fatto fin qui e che cosa ci sia da correggere per guardare avanti e dare nuova forza al nostro grande progetto.Le candidature non sono contrapposizioni; sono diverse proposte che si sottopongono agli iscritti e ai cittadini elettori. Loro decideranno, e tutti ci rimetteremo alle loro decisioni.Per questo la discussione può essere serena, chiara e vera. Un partito, infatti, è una comunità di protagonisti. Alla fine del nostro percorso congressuale dovremo dire parole chiare e nuove all’Italia e avviare un ciclo politico che porti ad una alternativa di governo. Questo è il nostro compito, questa è la nostra responsabilità. Comunque la pensiate, voglio salutarvi tutti con grande amicizia e solidarietà e augurarvi (e augurarci) buon lavoro.Pier Luigi Bersani