giovedì 8 gennaio 2009

THE INVISIBLE MAN



Nella foto che vi mostriamo, la freccia indica un ginocchio: è tutto ciò che rimane di Claudio Fava nell’articolo pubblicato dal quotidiano La Sicilia sulla serata in memoria del padre Pippo, ammazzato dalla mafia 25 anni fa. Fava, per conto della Fondazione Fava, aveva animato la discussione, intervistato gli ospiti, premiato Carlo Lucarelli: di tutto questo nell’articoletto non troverete traccia. Nemmeno nella foto, chirurgicamente tagliata ad altezza di rotula per evitare che si dovesse dar conto della presenza in vita del figlio di Giuseppe Fava.
Non è la prima volta che il giornale di Ciancio censura grossolanamente un evento pubblico che vede, tra i protagonisti, Claudio Fava. E’ la prima volta che questa indecenza si consuma perfino nel giorno in cui si ricorda il padre, ammazzato dalla mafia. Ciò che stupisce è il senso di organizzata obbedienza che Ciancio è riuscito a far crescere attorno a sé, la catena di comando che ormai si è consolidata per questi atti di censura: c’è un fotografo che accetta di farsi tagliuzzare una foto, c’è un cronista (Sergio Sciacca) che firma l’articolo in cui si tace la presenza del figlio della vittima, ci sarà stato un capocronista che ha impaginato e fatto il titolo, un caporedattore che ha dato l’ok alla pagina…. Proprio come accadde in Italia dopo le leggi razziali del ’38, quando si trovarono subito decine di imbecilli felici di far sapere che i loro erano “negozi ariani”, così accade che intorno a questa prassi d’omertà mafiosa l’editore Ciancio trovi ormai molti giornalisti disponibili, felici di obbedire, felici d’appendersi al collo anche loro un invisibile cartello su cui sta scritto: “Questo è un giornalista censurato”.
E qui arriva la nostra domanda: c’è ancora in questo paese qualcuno capace di farsi carico di questa indecenza e di viverla non come un “fatto personale” tra Fava e Ciancio ma come un’offesa al giornalismo e un’ingiuria alla lotta alla mafia? C’è qualcuno che abbia il coraggio di denunciarla per ciò che è, ovvero un atto di censura mafiosa? C’è un ordine dei giornalisti a Roma che sia capace di ritirare il tesserino di al sunnominato cronista e al suo direttore? C’è un giudice a Catania che abbia voglia di chiedersi quale sia la gravità (civile? Penale? Amministrativa?) di un atto di intimidazione giornalistica che si consuma da anni sopprimendo, in foto e sugli articoli, una persona non gradita all’editore? Molte domande. Una sola certezza, e Ciancio se ne faccia una ragione: non ci sarà intimidazione, non ci sarà censura, non ci sarà atto di teppismo giornalistico che ci toglierà il vizio di dire la verità.
By Itaca news
7 gennaio 2009

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