domenica 26 ottobre 2008

Manifestazione del PD

Era un Walter Veltroni visibilmente raggiante quello che ha preso la parola dal palchetto del Circo Massimo. A chi lo ha visto prima, in mezzo al corteo che è partito da piazza Esedra, è parsa subito evidente la gioia del segretario del Partito democratico. Un volto che era tutto un sorriso. Non poteva essere altrimenti. E' andata bene, a Veltroni. E' andata bene perché la partecipazione, come ha scandito lui stesso a inizio discorso, è stata "oltre le più rosee aspettative". L'asticella del milione di manifestanti che avrebbe sancito, se oltrepassata, il successo dell'iniziativa è stata alla fine, stando alle cifre fornite dal partito, più che doppiata: due milioni e mezzo, forse più. Va bene che si gonfia sempre un po' ma insomma, fino a un certo punto. Quella fiumana di teste e bandiere, poi, l'hanno potuta vedere tutti, e il colpo d'occhio del Circo Massimo pieno era effettivamente niente male.
Veltroni ha recuperato la ricetta con cui ha inaugurato il corso di leadership nel Pd, nell'ottobre scorso, quando furono le primarie che gli spalancarono la porta della segreteria. Bagno di folla, innanzitutto: allora si fece votare da tre milioni e mezzo di cittadini, oggi ne ha voluti una bella fetta a mettere le ali al suo messaggio. Non è un caso che il palco l'ha collocato in mezzo alla gente, non dietro dietro, come avrebbe imposto la prassi. Il secondo ingrediente è stato l'unità del partito, quell'unità che, ancora una volta, ha voluto fosse rappresentata fino all'ultimo dettaglio. Lo scorso anno "scese in campo" solo dopo la richiesta esplicita di tutti i maggiorenti, oggi se li è messi dietro, in fila e in bella mostra. In maniera tale che chi seguisse l'evento attraverso le dirette televisive potesse riconoscerli, i loro volti a far capolino in secondo piano alle spalle di quello sudato del segretario. Fassino, Fioroni, Letta, la Bindi, Franceschini, solo per citarne alcuni. E D'Alema, of course.
Non ha buttato a mare, l'ex sindaco di Roma, l'occasione per rilanciare il Pd. Il discorso è suonato calibrato. Alle direttrici note alla vigilia (scuola, economia, pensioni, lavoro, sicurezza, ambiente) ha aggiunto in apertura una concessione studiata per il popolo democratico nella sua versione "di piazza", quindi in grandissima parte ex o post comunista: un antiberlusconismo declinato con accenti antifascisti.
Il filo conduttore è stato una sorta di slogan, ripetuto dall'inizio alla fine quattro volte: "L'Italia è un paese migliore della destra che lo governa", pensato per marcare la diversità dalla maggioranza di governo e, nello stesso tempo, coniugarla con la necessità di una proposta programmatica solida. Che deve, per forza di cose, pendere dalla parte dei "più deboli" (i pensionati, i precari, i redditi fissi erosi dalla crisi) ed essere proiettata su un "reale" diverso dal "virtuale" delle televisioni dominate da Berlusconi e dai suoi. L'interesse generale, ha detto Veltroni, "sarà sempre la nostra stella polare".
Antifascismo, quindi, ma non di maniera, perché dall'antifascismo nasce e trova i suoi pilastri ideali la nostra democrazia. L'antifascismo che il premier snobba - "penso a lavorare" - e il concetto di democrazia che Berlusconi non sopporta, perché ne rifiuta uno dei cardini, le opposizioni, siano esse parlamentari, sindacali o sociali. Ma le opposizioni sono il sale della democrazia perché, ha detto il segretario del Pd, "il governo ce l'hanno tutti, le opposizioni solo le vere democrazie". Quindi rispetto, ascolto, Veltroni li pretende da Berlusconi.
Sulla scuola, tema caldo, imposto dalle proteste degli ultimi giorni, il governo dimostri capacità di ascolto del disagio, ritiri il decreto e si faccia carico delle richieste di tutti, perché sono tutti a protestare: studenti, genitori, docenti. Le manifestazioni sono "giuste, e non servono irresponsabili avvisi ai naviganti: i naviganti la rotta la conoscono e la stanno seguendo, hanno a cuore la scuola, lo dimostrano promuovendo lezioni di fisica e filosofia all'aperto". Appoggio alle esigenze di chi protesta, pur essendo consapevole che "in fatto di scuola ogni conservatorismo è sbagliato, la riforma è necessaria ma va pensata tenendo conto di innovazione e merito. Ma che innovazione sono i maestri unici, i tagli a quella conquista civile che è il tempo pieno, il sette in condotta per combattere un bullismo che nasce innanzitutto da un vuoto alimentato dalla destra?".
Per quanto riguarda l'altro fronte dell'attualità politica, la crisi economica, Veltroni ha chiesto un piano di detassazione, a partire dalla prossima tredicesima, delle pensioni e dei redditi fissi più deboli, da sei miliardi: "E' una cifra onerosa, ma le nostre finanze pubbliche se la possono permettere. Sia per la maggiore flessibilità concessa dall'Europa, sia perché i conti li ha risanati uno come Romano Prodi". Si muova, il governo, per i deboli, come si è mosso "per salvare le banche". Ha l'opportunità di essere coerente, inoltre, con le promesse elettorali che garantivano un calo della pressione fiscale. Ma, ha detto Veltroni, le tasse nel complesso stanno aumentando.
L'esecutivo tuteli anche i piccoli e medi imprenditori, ne aiuti il credito che già si va strozzando. Le uniche cose viste sinora sono il taglio del 32 per cento al fondo per le famiglie, servito a finanziare l'abolizione dell'Ici sulla prima casa. Il sostegno ai penalizzati è tanto più necessario se si pensa che la destra italiana è responsabile di questo disastro, "l'ha preparato negli anni scorsi spargendo tre tossine: "L'iperliberismo, una certa ostilità verso l'Europa, l'esaltazione della finanza in quanto tale". Berlusconi, tuttavia, non pare avere le idee chiare: prima dice che la crisi finanziaria non avrebbe avuto effetti sull'economia reale, poi si ricrede e dichiara che l'intervento dello stato è un "imperativo categorico". Ma a favore di chi?
Sulla sicurezza Veltroni ha accusato il governo di fare marketing della paura, ma "la paura andrebbe combattuta, anche se paga in termini elettorali". E' tornato per un frangente sindaco di Roma quando ha invocato più severità nella concessione dei benefici carcerari e nelle scarcerazioni, ma deve restare fermo il principio che "responsabili sono gli individui, non i gruppi". Il governo, invece, gioca col fuoco del razzismo, ma misure concrete poche: da quando si è insediato, "gli sbarchi sono aumentati e gli espatri di clandestini sono fermi". In risposta, Veltroni ha ribadito una proposta di integrazione: voto agli immigrati dalle prossime elezioni amministrative.
Chiusura sull'ambiente con contestazione alla posizione italiana in Europa - "Economia e ambiente dovrebbero essere fratelli" - e richiesta esaudita di applauso (è stato il più fragoroso) per Roberto Saviano. La promessa finale dice che "un'altra Italia è possibile, la faremo insieme". Di sicuro oggi Veltroni ha giocato bene, e ci sarà per più del poco tempo che alcuni desideravano e altri temevano avesse ancora a disposizione alla testa del maggiore partito dell'opposizione.
Aprile
Andrea Scarchilli , 25 ottobre 2008, 20:57

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