venerdì 24 ottobre 2008

La politica frantumata

Il mercato non si autoregola, ci vuole lo Stato. I banchieri sono “banksters” (banchiere più gangster). Il “supercapitalismo” globalizzato e finanzia rizzato ha spremuto risorse umane e naturali, portando l’umanità sulla soglia di una crisi economica e sociale planetaria e di un collasso ambientale. Declina l’egemonia americana, siamo al tramonto della leadership mondiale degli Usa. L’Italia è il Paese Ocse in cui nell’ultimo quarto di secolo è cresciuta di più e più rapidamente la distanza tra ricchi e poveri, cioè la diseguaglianza.Non c’è una parola di mio in quel che ho scritto fin qui: sono frasi che si leggono correntemente su qualsiasi quotidiano dei più vari orientamenti. Aggiungo subito che abbiamo sotto gli occhi lo sviluppo impetuoso di un movimento che nasce nelle scuole, nelle università e nei centri di ricerca, sulla questione cruciale della conoscenza, privo di padri parlamentari, politici e sindacali. Perché allora quel che resta della sinistra appare stonato, marginale, irrilevante? Per sua colpa, per sua colpa, per sua grandissima colpa.¬¬E’ evidente, ad un anno di distanza, che la formazione del Partito democratico ha spostato la parte maggioritaria della sinistra italiana in una terra di nessuno dove dubito potrà restare ancora a lungo. La crisi di quel progetto è già evidente, e non solo per ragioni elettorali. La batosta della ”Sinistra arcobaleno” alle elezioni politiche ha aggravato la frammentazione, la crisi culturale e lo stato di sradicamento in cui si sono trovate, in un tornante cruciale, le forze e i gruppi alla sinistra del Pd. Non esistono ripari simbolici e identitari a questa radicale incapacità di stare dentro i conflitti moderni ed essere popolari, nel senso di rappresentare bisogni, figure e forme della società, e di “creare società con la politica”, come dice Mario Tronti. Se il problema è far sopravvivere qualche sezione del ceto politico, è meglio uscire tutti di scena e togliere l’inutile ingombro. Se il problema è un altro, e cioè restituire peso ad un’altra idea della società, produrre idee oltre che subirne, incidere sugli equilibri politici, allora vale la pena di provare ancora. Partendo dall’Italia e dal mondo, non da noi stessi. Ci vuole un partito politico, e un partito dai tratti innovativi, alla sinistra del Pd. Il tempo stringe. Una parte importante di questo Paese si sta muovendo. Non c’è alternativa alla Costituente della sinistra, che potrebbe ora davvero aprirsi in un rapporto fecondo e vero con soggetti indipendenti dal berlusconismo. E ribelli.

Fabio Mussi

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