lunedì 8 dicembre 2008

La sentenz del Giudice di Pace a contro Simeto Ambiente

SENTENZA N. 754/08 del 22.10.2008

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI MASCALUCIA
L'avv. Antonio Zarrillo , Giudice di Pace di Mascalucia,
ha pronunciato la seguente sentenza nella causa civile iscritta al n. 803/08 R.G.,

PROMOSSA DA
XXX YYY nato a Pedara il 4.11.xx C.F.xxx xxx, residente in Tremestieri Etneo via xxxx, domiciliato presso la Federconsumatori di Mascalucia, Piazza Dante 7 -autodifeso- Attore –

CONTRO
-Serit Sicilia S.P.A. , Agente della Riscossione per le Provincia di Catania , partita IVA 04739330829, in persona del procuratore speciale signor Giuseppe Pilato, giusta procura rilasciata dal Presidente della Società ed autenticata il 3.6.2008 dal notaio Roberto Allotta di Palermo, rep. n. 16390 racc. n. 6873, elettivamente domiciliata in Paternò via Somalia 6, presso lo studio dell'avv. Maria Grazia Pannitteri che la rappresenta e difende giusta procura in calce all'avversato atto di citazione - CONVENUTA -

- La Simeto Ambiente SPA-ATO CT 3 in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede in Catania C.so delle Province 111 - CONVENUTA - CONTUMACE-
Avente ad OGGETTO: Opposizione ex art. 615 c.p.c.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, XXX YYY esponeva :
- che in data 21.4.2008 la Serit Sicilia S.P.A., Agente incaricato della riscossione per conto della Simeto AMBIENTE S.P.A.Ato CT3, gli aveva notificato la fattura a saldo n. 2007 XXXXXXXX del 15.11.2007 di €.168,70 relativa al conguaglio della tariffa di Igiene Ambientale per il periodo 1.1.2004 al 31.12.2005;
- che illegittima era la fattura emessa.
Istanziava quindi per la declaratoria di nullità e/o illegittimità dell'impugnata fattura. Spese del giudizio compensate.
Si costituiva la Serit Sicilia S.P.A., Agente per la Provincia di Catania, incaricata della riscossione, la quale eccepiva il difetto di giurisdizione del Giudice adito in favore della Commissione Tributaria e la propria carenza di legittimazione passiva in ordine alle eccezioni di merito afferenti alla TIA.
Con vittoria di spese e compensi.
Contumace la Simeto Ambiente,sulle precisate conclusioni ,come in atti, alla udienza del 22.10.2008 la causa è stata introitata a sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Va ante omnia dichiarata la contumacia della Simeto Ambiente la quale , benché regolarmente evocata in causa, non si è costituita in giudizio. Preliminarmente vanno rigettate le eccezioni sollevate dalla convenuta Serit Sicilia SpA per le considerazioni di seguito illustrate.

l. Sul difetto di legittimazione passiva della Serit Sicilia
Deve ritenersi parte necessaria nel giudizio di opposizione l'Agente incaricato della riscossione, quale soggetto da cui proviene l'atto oggetto dell'opposizione, il quale chiede il pagamento, avendo egli titolo per intervenire nel processo ( ex multis Cass. 5278/97; Cass. 4324/99;Cass. Civ. Sez.III 9 Aprile 2001 n. 5277 , Cass.Civ. Sez.I25.11.2203n. 17936).
Non ritiene questo decidente di condividere il contrario orientamento espresso dal Supremo Collegio ( Sez. I. 26 Ottobre 2006 n. 23016), secondo cui il concessionario della riscossione non è legittimato passivo e litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione perché non sarebbe titolare della situazione sostanziale ( la pretesa sanzionatoria ) dedotta nel giudizio di opposizione, ma un semplice adiectus solutionis, in considerazione che non può negarsi al medesimo l'interesse a resistere anche per i riflessi che l'eventuale accoglimento dell'opposizione può comportare nei rapporti con l'Ente, che,suo tramite, avanza la pretesa creditoria .

2. Sul difetto di giurisdizione del Giudice adito in favore della Commissione Tributaria di Catania.
La tesi sostenuta dalla convenuta Serit Sicilia S.P.A. Catania non è condivisibile.
Con la recente sentenza n. 64 del 10 Marzo 2008, la Corte Costituzionale, nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), come modificato dall'art. 3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30
settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convcrtito, con modificazioni, dall'ari. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, promosso con ordinanza depositata il 2 novembre 2006 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra il Condominio di Viale Mazzini n. 119, il Comune di Roma ed altra parte, iscritta al n. 459 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 2007, ha affermato che la giurisdizione tributaria deve essere considerata un organo speciale di giurisdizione preesistente alla Costituzione (ex plurimis: sentenza n. 50 del 1989; ordinanze n. 144 del 1998, n. 152 del 1997, n. 351 del 1995).
Il Giudice delle Leggi, è pervenuto alla conclusione che la modificazione dell'oggetto della giurisdizione degli organi speciali di giurisdizione preesistenti alla Costituzione è consentita solo se non "snaturi" la materia originariamente attribuita alla cognizione del giudice speciale. Una volta che sia esclusa la natura tributaria della materia, l'attribuzione alla giurisdizione tributaria della relativa controversia "snatura" la materia originariamente attribuita alla cognizione del giudice tributario e, conseguentemente, è violato l'art. 102, secondo comma, Cost., il quale, vieta l'istituzione ex novo di giudici speciali diversi da quelli espressamente nominati in Costituzione.
La VI disposizione transitoria della Costituzione -- ad integrazione della disciplina posta dal citato art. 102 Cost. - impone l'obbligo di effettuare la revisione degli organi speciali di giurisdizione preesistenti alla Costituzione («salvo le giurisdizioni del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dei tribunali militari») entro il termine ordinatorio di cinque anni dall'entrata in vigore della Costituzione medesima. La stessa Corte ha poi precisato che, benché l'indicata revisione non crei nell'ordinamento «una sorta di immodificabilità nella configurazione e nel funzionamento» delle giurisdizioni revisionate, tuttavia il legislatore ordinario - - nel modificare la disciplina di tali organi giurisdizionali -incontra il duplice limite costituzionale «di non snaturare (come elemento essenziale e caratterizzante la giurisprudenza speciale) le materie attribuite» a dette giurisdizioni speciali «e di assicurare la conformità a Costituzione» delle medesime giurisdizioni (ordinanza n. 144 del 1998). Da tale giurisprudenza si desume che il menzionato duplice limite opera con riferimento ad ogni modificazione legislativa riguardante l'oggetto delle giurisdizioni speciali preesistenti alla Costituzione (sia in sede di prima revisione, che successivamente) e, altresì, che il mancato rispetto del limite di «non snaturare» le materie originariamente attribuite alle indicate giurisdizioni si traduce nell'istituzione di un "nuovo" giudice speciale, espressamente vietata dall'art. 102 Cost.
L'identità della "natura" delle materie oggetto delle suddette giurisdizioni costituisce, a giudizio del Giudice delle Leggi, una condizione essenziale perché le modifiche legislative di tale oggetto possano qualificarsi come una consentita «revisione» dei giudici speciali e non come una vietata introduzione di un "nuovo" giudice speciale.
In coerenza con i sopra evidenziati princìpi e con specifico riferimento alla materia devoluta alla cognizione dei giudici tributari, la Corte ha rilevato, in numerose pronunce, che la giurisdizione del giudice tributario «deve ritenersi imprescindibilmente collegata» alla «natura tributaria del rapporto» (ordinanze n. 395 del 2007; n. 427, n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006).
L'attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici speciali.
Tale illegittima attribuzione può derivare, direttamente, da una espressa disposizione legislativa che ampli la giurisdizione tributaria a materie non tributarie ovvero, indirettamente, dall'erronea qualificazione di "tributaria" data dal legislatore (o dall'interprete) ad una particolare materia (come avviene, ad esempio, allorché si riconducano indebitamente alla materia tributaria prestazioni patrimoniali imposte di
natura non tributaria).
Per valutare la sussistenza della denunciata violazione dell'art. 102, secondo comma della Costituzione,occorre accertare, perciò, se la controversia devoluta ai giudici tributari abbia o no effettiva natura tributaria.
E, a tal fine, non si può prescindere dai criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte medesima per qualificare come tributarie le entrate erariali; criteri che, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina tali entrate, consistono nella doverosità della prestazione e nel collegamento di questa alla pubblica spesa, con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante (ex multis sentenze n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005).
Ove sia stata accertata la natura non tributaria della materia attribuita alla cognizione dei giudici tributari, si deve affermare l'illegittimità costituzionale di detta attribuzione, né possono addursi in contrario argomenti che non trovano fondamento nell'art. 102, secondo comma, Cost. e nella VI disposizione transitoria della Costituzione. Non sarebbe sufficiente, al fine di negare lo "snaturamento" della materia attribuita alla giurisdizione tributaria, affermare che le controversie relative ad alcuni particolari canoni, pur non avendo natura tributaria, sono legittimamente attribuite alla cognizione delle commissioni tributarie per la sola ragione che il fatto generatore delle suddette prestazioni patrimoniali è simile al presupposto che, in passato, avevano avuto alcuni tributi.
Neppure sarebbe sufficiente addurre mere ragioni di opportunità per giustificare, sul piano costituzionale, la cognizione, da parte dei giudici tributari, di controversie non tributarie riguardanti fattispecie in qualche misura simili a quelle propriamente tributarie.
Il difetto della natura tributaria della controversia, afferma la Corte, fa necessariamente venir meno il fondamento costituzionale della giurisdizione del giudice tributario, con la conseguenza che l'attribuzione a tale giudice della cognizione della suddetta controversia si risolve inevitabilmente nella creazione, costituzionalmente vietata, di un "nuovo" giudice speciale.
In conclusione, secondo i giudici costituzionali, il legislatore non ha la discrezionalità di attribuire alle Commissioni Tributarie - considerate fin dalla fondamentale sentenza costituzionale 2877 1974 organi speciali di giurisdizione-tutte le controversie relative a prestazioni patrimoniali imposte che non siano tributi.
La giurisdizione tributaria può essere riconosciuta costituzionalmente legittima solo se ad essa sono devolute materie propriamente tributarie. Con sentenza 14 Maggio 2008, n. 230 il Giudice delle Leggi ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 31 Dicembre 1992, n. 546 ( Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art.30 della legge 30 Dicembre 1991, n. 413), nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche laddove esse conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria. Non c'è dubbio, afferma la Corte, che la lettura che dell'art. 2, comma I, del d Igs. n.546 del 1992, da il diritto vivente, finisce per attribuire alla giurisdizione tributaria le controversie relative a sanzioni unicamente sulla base del mero criterio soggettivo costituito dalla natura finanziaria dell'organo competente ad irrogarle e, dunque, a prescindere dalla natura tributaria del rapporto in cui tali sanzioni ineriscono.
Essa, dunque, si pone in contrasto con l'art. 102, secondo comma, e con la VI disposizione transitoria della Costituzione, risolvendosi nella creazione di un nuovo giudice speciale.

La nozione di tributo
Secondo i criteri elaborati dalla giurisprudenza costituzionale, al fine di qualificare una controversia come tributaria è del tutto irrilevante il nomen Juris che il legislatore attribuisce ad essa.
Per definire la materia tributaria è necessario riferirsi all'art. 53 Cost. piuttosto che all'art. 23 Cost, in quanto la coattività è sì elemento essenziale del tributo, ma non distintivo.
Le controversie attinenti alla TIA non hanno natura tributaria. La " tariffa di Igiene Ambientale " è prevista dalla Direttiva 91-56 CEE (1991) Direttiva 75-442 CEE (1975)Direttiva 91-156-CEE (1991)Decreto Legislativo 22-97 (1997) Legge Regionale 25-98 ( 1998) Dpr 158/99 (1999).
La T.I.A. è disegnata come corrispettivo per la raccolta dei rifiuti domestici e di quelli cosiddetti assimilati ovvero di quelli derivanti da attività economiche, artigianali, industriali che possono essere assimilati per qualità a quelli domestici.
Soggetti passivi sono i detentori di immobili e di superfìci scoperte operative a qualsiasi uso destinate che esistono nel territorio del Comune impositore.
L'Ente territoriale, con apposito regolamento, stabilisce delle categorie a cui corrispondono delle tariffe al metroquadro.
La tariffa applicata al metro quadro sarà fissata tenendo conto della tipologia e potenziale quantità di rifiuto prodotto.
La commisurazione della tassa non è legata all'effettiva produzione di rifiuti, ma alla superficie netta calpestabile dell'immobile. Appare assai evidente che essendo tenuti a concorrere alla spesa sopportata dal Comune, per il servizio di raccolta e smaltimento, i detentori di immobili e di superfìci scoperte, è da escludere che tale corrispettivo possa qualificarsi come tributo perché non sono destinatari del medesimo, secondo la definizione dell'art. 53 della Costituzione, tutti i cittadini in ragione della loro capacità contributiva.
Pertanto è esclusa la giurisdizione della Commissione tributaria in favore del giudice ordinario e nella fattispecie di questo giudice ratione materiae valorisque.

Sul merito
I Consigli comunali, giusta il combinato disposto del DPR n. 158/1999 e dell'art. 42, lett.f, D.lgs. n. 267/00, determinano la tariffa ( art.2 DPR 158/99), approvano il piano finanziario ( art.8) e deliberano, ex art. 49.8 del Dlgs. n.22/97, la TIA.
La determinazione della tariffa di riferimento costituisce il regolamento del canone.
II principio normativo secondo cui potestà e competenza impositiva in materia di TIA sono attribuite al Consiglio Comunale è statuito dall'alt. 49.8 del Dlgs.n. 22/97.
L'art. 49, coma 8, D.Lgs. 22/97 assegna ai Comuni la competenza a istituire la tariffa relativa alla T.I.A; attribuzione prevista dall'art.32, comma 2, lettera g) della L. 142/90 che prevede la competenza in materia di istituzione e ordinamento dei tributi e di disciplina generale delle tariffe per la fruizione da parte dei cittadini di beni e servizi.
L'Ordinanza Ministeriale n. 2983/1999, istitutiva dell'Ufficio del Commissario Straordinario per l'emergenza rifiuti in Sicilia, attribuisce a quest'ultimo una competenza di carattere emergenziale mirata alla esecuzione di interventi tra i quali non può ritenersi annoverata la materia tariffaria de qua. L'ordinanza del Commissario Straordinario per l'emergenza rifiuti della Regione Sicilia n. 855 dell'8.8.20038 (Regolamento tipo per la determinazione della tariffa d'ambito provvisoria per la gestione dei rifiuti e assimilati) invero si limita a dettare soltanto il modello di regolamento al fine della istituzione della tariffa di Igiene Ambientale in sede locale.
La sentenza del T.A.R. Sicilia ( n. 2295/07 depositata il 25.10.2007) ha affermato che il Commissario Straordinario non può apportare deroghe alle previsioni del calendato art.49 D.Lgs. 22/97, malgrado la dettagliata normativa in tema di poteri derogatori attribuiti ex art. 15.
Con riferimento alla determinazione della TIA, la lettura che il Tar di Palermo, con le due sentenze n. 2290/7 e n. 2295/07, da delle disposizioni del Dlgs. n. 22/97 e del DPR n. 158/99 è che la competenza appartiene all'ente locale. Secondo il Tar, il Consiglio comunale è il legittimo ed esclusivo titolare della competenza a determinare la tariffa, finché non interverranno le modifiche predisposte dal DLgs. 152/06, "previa espressa abrogazione della tariffa di cui
ali 'art.49 DLgs.22/97e sulla base dei cr iteri fissati dal regolamento da emanarsi entro sei mesi ".
Con le richiamate sentenza, il TAR di Palermo ha altresì affermato che "nell'ambito degli ampi poteri attribuiti al Presidente della Regione-Commissario straordinario per l'emergenza rifiuti, non è dato ricomprendere quello di apportare deroghe alle previsioni normative dell'art.49 D.lgs.22/97, malgrado la dettagliata normativa in tema di poteri derogatori attribuiti ex art.15".
Non essendo stato mai approvato il regolamento, il Dlgs. 152/06, relativamente al profilo della titolarità della determinazione della tariffa, non è mai entrato in vigore.
Infine la L. n. 296/06 ha reiterato, anche per il 2007, il divieto di passaggio da Tarsu a TI A.
Nel caso di specie, il Comune di Tremestieri Etneo, nel cui territorio è ubicata la utenza de qua, non ha disciplinato i criteri generali della tariffa di riferimento né approvato il piano finanziario né fissato ex art. 49.8 D.lgs. n. 22/97 l'importo della Tia.
In mancanza di tali atti prodromici, la richiesta della somma portata dalla impugnata fattura è illegittima.
Tali disposizioni normative trovano conferma in copiosa giurisprudenza ( ex multis sent. 800/2007 Tar Toscana, Tar Sicilia sent. 2290/2007 e n. 2295/2007). Non è stata contestata e, pertanto, deve ritenersi pacifica la circostanza che il Consiglio Comunale di Tremestieri Etneo non ha istituito né regolamentato la T.I.A. per gli anni 2004-2005.
Con sentenza 196/3/08 del 10.4.2008, la Commissione Tributaria Provinciale di Catania, richiamandosi alle precitate sentenze del Tar di Palermo, ha annullato le fatture emesse dalla Simeto Ambiente S.P.A. per difetto assoluto di competenza.
Per le considerazione che precedono, la domanda è fondata e merita quindi accoglimento.
Trattandosi di questione ampiamente dibattuta, vanno compensate le spese del giudizio .

P.Q.M.
Il Giudice di Pace di Mascalucia , pronunciando nella causa civile promossa da XXX YYY contro la Simeto Ambiente S.P.A. Ato CT3 e Serit Sicilia S.P.A., in accoglimento della domanda proposta, dichiara la illegittimità della impugnata fattura e la non tenutezza al relativo pagamento.
Spese del giudizio compensate.

La presente sentenza è immediatamente esecutiva ex lege.
Così deciso, in Mascalucia, il 22-10-2008

Depositato in cancelleria
22 ottobre 2008


Il Cancelliere Rag. N. Ecora Il Giudice di Pace Avv. Antonio Zarrillo

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