domenica 12 ottobre 2008

Firme e cortei contro Lodo e governo

Il corteo di Prc, Verdi, Sd e Pdci: "Siamo 300 mila". Ferrero (Prc): "Oggi è la fine della ritirata"Il Guardasigilli pronto a difendere "anche in piazza" la legge che porta il suo nomedi CLAUDIA FUSANI
ROMA - Bisognerebbe guardarla dall'alto, oggi, Roma, con microfoni lunghi che arrivano giù, fino in fondo, in terra, tra i sanpietrini di piazza della Repubblica intorno alle 14 quando si riunisce il popolo della sinistra che riparte in marcia, insieme ma non unito. O in piazza Navona dove dalle 11 del mattino sotto sette gazebo con le bandiere dell'Italia dei valori i volontari raccolgono le firme contro il lodo Alfano. Bisognerebbe guardarla dall'alto, sempre con microfoni lunghi e potenti, per ascoltare tutte le voci e capire il significato di un giornata come questa, 11 ottobre, tra le forze di opposizione di questo paese. Parlamentari ed extraparlamentari. La fotografia dall'alto dice una cosa molto chiara: l'opposizione c'è, anche senza Pd; c'è la sinistra radicale, ed è numerosa e piena di voci anche se afona in Parlamento - e questo è qualcosa che fa anche venire un po' di brividi - non sa ancora bene, però, dove andare e come aggregarsi. Trecentomila da tutta Italia (ventimila dirà la questura) si sono mossi in corteo con le bandiere rosse e i cori di "Bella Ciao" da piazza della Repubblica fino alla Bocca della Verità, una piazza troppo piccola per contenerli tutti. Oltre 30 mila persone hanno firmato per il referendum abrogativo del lodo Alfano in piazza Navona e 250 mila in tutta Italia in 665 piazze. Tanti, tantissimi, con una piattaforma condivisa: sì alla legalità; no alla "dittatura dolce, da Bagaglino" con cui in pochi mesi "Berlusconi e questa maggioranza stanno occupando il Parlamento e il luoghi della democrazia" (Di Pietro). Uniti, quindi, dall'antiberlusconismo. Ma divisi su quasi tutto il resto: dove andare. E soprattutto con chi.
La sinistra antagonista. Con un tam tam quasi clandestino, oscurati dalle notizie della settimana sulla crisi finanziaria, della manifestazione organizzata oggi si sapeva poco o nulla. E pochi, alla vigilia, avrebbero scommesso sulla sua riuscita. E invece il popolo della sinistra ha risposto, numeroso, compatto, anche se preoccupato, teso. E' stato un corteo per certi versi triste. "L'opposizione è nelle nostre mani, un'altra politica per un'altra Italia" recita lo slogan della manifestazione. Ma sembrano lontani i tempi delle gioiose fantasie di funamboli, artisti di strada e carri musicali che per anni hanno caratterizzato la sinistra in piazza. Oggi prevale la preoccupazione, la paura della povertà, la certezza di arrivare a mala pena a fine mese. La rabbia contro la riforma della scuola. Margherita ha 2 anni, il ciuccio in bocca, il babbo la porta in giro rigorosamente sul passeggino dove sono attaccati un sacco di cartelli che parlano per lei: "Mi spiace tanto per i grandi, non hanno più la sinistra"; "Ho due anni, io posso essere egoista"; "Che schifo di scuola mi fate fare". Una ragazza ha realizzato un curioso collage con le facce di Berlusconi, Calderoli, Bossi, Gelmini e la scritta: "Proteggiamo gli scolari dai razzisti e dai somari". Uno striscione in arrivo dalla Toscana recita: "Sì al dialogo? Ma vaffanc...". Molte magliette, firmate Pdci, dicono: "Contro Berlusconi, legitittma difesa". Fin qui il popolo in marcia, unito dalle bandiere rosse, dai pugni alzati e dai cori "Bella Ciao". Molto meno uniti sono i leader politici di questo popolo. L'Arcobaleno non c'è più, bocciato dalle urne del 13 aprile. Loro, i leader di Pdci, Rifondazione, Verdi, ci sono sempre ma non è ancora chiaro cosa faranno. Restano distanti nei luoghi: Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione apre il corteo. Nichi Vendola, sconfitto per due voti dal congresso, è parecchie centinaia di metri più indietro con Franco Giordano, Gennaro Migliore, Elettra Deiana. "Da oggi la sinistra rimette la testa fuori, oggi segna la fine della ritirata, è il punto di svolta" dice Ferrero che in realtà ha un sacco di guai all'interno del partito e della stessa maggioranza che lo sostiene. A chi parla Ferrero? Diliberto, che alla fine non salirà apposta neppure sul palco perché L'Arcobaleno non esiste più, la mette così: "Dieci anni fa, era l'11 ottobre 1998, abbiamo fatto la scissione con Rifondazione. Oggi, dieci anni dopo, siamo pronti a unirci di nuovo". La grande casa comunista sotto la falce e il martello, ci mette dentro anche Ferrando (Pcli) e Sinistra critica. La disegna da luglio, Diliberto. Ferrero, però, non ha ancora preso la penna in mano. Nichi Vendola tiene oggi a battesimo, "nella culla di questa manifestazione, l'associazione politica culturale "Per la sinistra". Livia Turco e Vincenzo Vita, a sinistra nel Pd, lo salutano dal marcipiede di via Cavour, immagine che può dire tante cose: in fondo è al Pd che quella parte di Rifondazione deve guardare. Insieme a Claudio Fava e alla Sinistra democratica: c'entrano più poco o nulla loro con i comunisti. "Una parola indicibile" ha detto una settimana fa Bertinotti. Lo ha ripetuto oggi, marciando a braccetto di Sandro Curzi. "Ci siamo" dice l'ex presidente della Camera che indica quasi al corteo la sua nuova missione: "In questo deserto dei tempi l'importante è tornare protagonisti". Di Pietro: "Resistere, resistere, resistere". Due manifestazioni distinte ma unite. La sinistra antagonista raccoglie oltre tremila firme contro il lodo Alfano. Le persone vagano da una piazza all'altra, da una manifestazione all'altra, le sentono loro, entrambe. Il ministro Alfano, dalla Sicilia, promette, che "andrà anche lui in piazza a difendere una legge giusta". Di Pietro, che in piazza Navona è il padrone di casa oltre che il protagonista, organizza un happening molto più soft rispetto a quella dell'8 luglio che portò al culmine la distanza con il Pd. Oggi è diverso: "Salutiamo tutte le piazze che oggi si sono riempite contro il lodo Alfano". E al Pd l'ex pm tende entrambi le mani: "Il 25 ottobre saremo in piazza con il Pd, le manifestazioni si fanno contro il governo che non deve raccontarci balle. Noi stiamo con chi si oppone a questo esecutivo che costringe i cittadini a essere sudditi". Dalla piazza salgono applusi, applausi e applausi. E lui, citando Borrelli, il suo procuratore ai tempi di Mani Pulite, insiste: "Noi dobbiamo tutti insieme resistere, resistere, resistere. Almeno provarci a non farci fregare. A fare fronte comune contro la dittatura del Bagaglino". Qua e là nella piazza c'è molto Pd. Con Gawronski, membro dell'assemblea costituente, Di Pietro va a firmare per il referendum. "Questa volta non mi faccio fregare da Berlusconi che è un furbacchione, questa volta non riuscirà a dividere l'opposizione". Che tornando a guardarla, sempre dall'alto, alla fine di questa giornata, sembra vastissima. Pur mancando il grosso del Pd.
La Repubblica 11 ottobre 2008

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