La reazione dei partiti del centro sinistra, di associazioni, intellettuali, dei familiari è stata subito di netta condanna. Franco La Torre, figlio di Pio, ha parlato di “una ferita che si è riaperta”. In difesa dell’intitolazione a Pio La Torre è stata lanciata da Articolo 21 anche una raccolta firme che sta registrando un’ adesione massiccia. Mentre per l’11 ottobre è stata annunciata una manifestazione a Comiso.
Era il 2 novembre del 2004 quando per la prima volta compariva su Liberazione la proposta di intitolare l’aeroporto di Comiso al segretario regionale del PCI Pio La Torre, ammazzato dalla mafia nel 1982. Il giorno precedente era stata, infatti, posta la prima pietra che avrebbe trasformato finalmente l’aeroporto da base NATO in struttura civile. Era l’epilogo di un lungo e travagliato cammino intrapreso dal movimento per la pace che aveva in Sicilia la sua guida, il suo principale animatore nel leader comunista Pio La Torre .
A lui si deve la raccolta in poche settimane di un milione di firme contro l’installazione dei 200 missili Cruise e l’organizzazione di una grande manifestazione di popolo che coinvolse ben centomila siciliani. Se i missili poi furono smantellati si deve anche al successo dell’azione politica di Pio La Torre in quei mesi.
Il piombo mafioso lo raggiunse, però, probabilmente, a causa di quella relazione di minoranza della commissione nazionale antimafia di cui La Torre fu primo firmatario, oltre che principale estensore insieme al giudice Terranova. Allegata a quella relazione stava la proposta di legge che istituiva il reato di associazione mafiosa, il 416 bis, e prevedeva, inoltre, per i boss, la confisca dei beni. Sarà, una volta approvata la legge Rognoni - La Torre, una vera rivoluzione nell’attività di contrasto alla mafia.
Ma al sindaco di AN sembra che questo non basti a giustificare l’intitolazione dell’aeroporto e che valga di più ricordare la morte del generale fascista.Quello di Comiso, dell’apparente improntitudine del sindaco comisano è, però, un caso che deve far riflettere. Il tentativo di relegare nell’oblio un nome come quello di Pio La Torre assume nel clima politico e culturale che stiamo vivendo in Italia un connotato ancora più preoccupante. C’è sicuramente, ancora, nell’humus culturale che ha permesso un simile gesto, una mentalità mafiosa che continua a influenzare i metodi di certa politica isolana. Ma c’è anche dell’altro. Non tutto può essere risolto sotto la lente delle “peculiarità” siciliane che fanno dell’isola, spesso a ragione, un territorio a parte, una regione a se stante.
Si è parlato, a ragion veduta, anche per l’atto del sindaco di Comiso di un ennesimo caso di revisionismo storico. E la matrice è sempre la stessa. Quella che da alcuni anni, prima sommessamente, e poi in modo sempre più aggressivo, ha costantemente attaccato i principi ispiratori, i metodi e le persone che hanno animato la Resistenza. Qui il gioco era quello di stravolgere l’antitesi fascismo – antifascismo al fine di costruire una artefatta equiparazione tra fascismo e comunismo. Il mercimonio dell’uso pubblico della storia piegata a contingenti fini politici è evidente e ha trovato sempre più posto nei media e, purtroppo nelle coscienze degli italiani.
Dal revisionismo storico si è passati, ora, a una sorta di “guerra iconoclasta” per cui a Comiso si cancella il nome Pio La Torre, mentre a Capo d’orlando il sindaco prende a picconate la targa che da il nome alla piazza intitolata a Garibaldi ricevendo l’elogio del governatore Raffaele Lombardo.Il problema di fondo, è che per la prima volta nella storia della repubblica la destra sta ottenendo, o è già riuscita a conquistare, un’egemonia culturale nel nostro Paese. E questo potrebbe essere la faccia più drammatica della vittoria di Berlusconi e delle ultime vicende che hanno caratterizzato la cosiddetta seconda repubblica.
Come si è arrivati fino a questo punto? Seppelliti il PSI e la DC sotto le scuri dei magistrati di Tangentopoli e fagocitate, per poi scomparire nel nulla, la storia e la memoria del partito comunista all’interno dell’operazione PCI – PDS – DS –PD sono venuti a mancare i grandi soggetti che dei principi sanciti nella costituzione repubblicana sono stati fondatori e garanti. Dopo, lo scenario è diventato mobile e la destra ha avuto buon gioco nel conquistare sempre più spazio attaccando alle fondamenta i valori che stavano alla base del patto di convivenza civile stipulato all’indomani del secondo conflitto mondiale.
L’allarme non pare ingiustificato e il modo migliore per reagire, per rispondere alle nubi che si addensano sul futuro prossimo del nostro Paese è quello di costituire un soggetto della sinistra che sappia bene, però, dove poggiare i piedi. Una sinistra che si vuole rinnovare, che vuole essere di governo e di lotta, che non vuole chiudersi in una nicchia di pura testimonianza, né omologarsi al pensiero unico preponderante, deve avere chiare quali sono le radici in cui affonda la propria storia, senza coartate amnesie che facciano dimenticare da dove veniamo. Solo così sarà possibile ripartire.
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